Girodiruota – Musica in Giro
Ciccone, Nibali e il richiamo del Mortirolo
L'abruzzese della Trek vince a Ponte di Legno. Lo Squalo prova a staccare la maglia rosa Carapaz sulla Montagna Pantani. Roglic perde un 1'23" dai migliori. Colonna sonora: My favourite game dei Cardigans
Giulio Ciccone ha vinto la sedicesima tappa del Giro d'Italia 2019, la Lovere-Ponte di Legno, 194 km. L'abruzzese, in fuga dal mattino, ha allungato sul Mortirolo assieme a Jan Hirt, secondo al traguardo. Al terzo posto si è piazzato Fausto Masnada. Dopo un attacco sull'ultima salita, Vincenzo Nibali, quarto, ha regolato il gruppo dei migliori senza Primoz Roglic che si è staccato sulla Montagna Pantani.
Il Gavia riposa silenzioso tra la neve. Nessuna bici, nessun cappellino, nessun bandiera a colorarne i tornanti. Solo un manto bianco che copre tutto, come fosse la riproposizione di una fotografia vecchia di mesi.
Sta cosa che non fanno il Gavia proprio non la capisco pic.twitter.com/i88hGfXVW1
— follisal (@follisal) May 28, 2019
Il Gavia non ha colpe se quel che poteva essere non è stato. Il cielo se ne frega dei piani degli uomini, asseconda soltanto le sue voglie. E sono volontà imperscrutabili e bizzose, a volte vanesie. E così, mentre il Giro si inerpica sulla grande attrazione di giornata, il cielo si prende il proscenio, inonda i nasi all'insù dei corridori, copre loro la visione della meta dell'ascesa. Quel che c'è deve bastare, non può essere altrimenti. E quello che c'è è un serpentone affollato di grida e di fatica, di ambizioni e inseguimenti, una lama che affonda nella montagna, una cattiveria montana, gratuita come la bellezza. Il Mortirolo è una processione di anime ciondolanti, di volti che diventano ghigni, di certezze che si smaterializzano e speranze che crescono e si rimescolano.
Il Mortirolo è un grido che diviene assordante. Il Mortirolo è un richiamo che diventa irresistibile. Lo aveva sentito Marco Pantani nel 1994: "Quelle rampe mi invitavano ad accelerare...non sono riuscito a resistere". Lo hanno sentito Jan Hirt e Giulio Ciccone che l'hanno pedalata in avanscoperta, l'hanno esplorato e domato per primi. Lì hanno trovato la solitudine più bella, quella della testa. Lì hanno immaginato un futuro vicino a braccia alzate. Da lì si sono gettati nella bufera, hanno planato nel freddo alpino, hanno battuto i denti, sofferto il freddo, superato il desiderio irrealizzabile di calore, si sono avventurati su di un piano infinito e all'insù, ma degradato a falsopiano, senza nemmeno la decenza di un Gran premio della montagna. Giulio Ciccone si è arrabbiato per l'inerzia del ceco, il suo guardare indietro per ragion di squadra. L'ha sopportato, l'ha visto collaborare stancamente. L'ha battuto allo sprint. Ha ritrovato il sorriso di Sestola di tre anni fa. Un grido che è gioia, pura libidine.
Foto LaPresse
L'ha sentito anche Vincenzo Nibali dopo aver guardato negli occhi i sopravvissuti dell'accelerazioni di Valerio Agnoli e Domenico Pozzovivo. Ma era un richiamo diverso, suadente eppur ingannevole. "Non so cosa stai cercando / ma di sicuro non l'hai trovato tesoro / mi strappi e mi spargi in giro / nella polvere dell'azione del tempo / e questo non è un desiderio, vedi / non si tratta di te contro di me / il modo in cui mi vuoi tutto per te va bene / ma alla fine sono io ad essere sempre da solo".
Nibali si è alzato sui pedali, è scattato, ha cercato il volo perfetto seguendo la voce di Nina Persson (cantante dei Cardigans), alla ricerca del suo Favourite Game, ossia la vittoria, magari tinta di rosa. Ha trovato sulla via il premio per il coraggio, una borraccia insperata per mano di Francisco Ventoso. Ha ricevuto la fatica fraterna di Antonio (Nibali). Ha cercato di iniziare il logoramento altrui.
Chi la maglia rosa la indossa, Richard Carapaz, lo ha visto provare a infuturarsi verso la cima, ha tremato un attimo, ha provato sollievo nel vedere le pene di Primoz Roglic, la sua vana resistenza, il suo retrocedere e più non ripresentarsi. Carapaz allora si è appeso alla danza di Mikel Landa, ha cercato un guida verso la cima, ha brindato al rientro nei ranghi dello Squalo mentre la voce del Mortirolo ancora si ripropone, questa volta malinconicamente: "Sto perdendo il mio gioco preferito / conosco solo ciò per cui ho lavorato / un'altra te in modo da poterti amare di più".
Il colpo gobbo è sfuggito, ma tant'è. La terza settimana è appena iniziata, tre tappe di montagna aspettano ancora i corridori prima della cronometro finale di Verona, dove, al solito, le capacità contro il tempo saranno mitigate dalle energie rimaste. Tra Carapaz e Nibali ora ci sono 1’47”, Roglic è a 2’09”, Landa a 3’15”. Nulla ancora è detto, tutti hanno qualcosa da perdere e molto da guadagnare: "Ho avuto una visione secondo la quale avrei potuto portarti sulla buona strada / una stupida missione e un combattimento letale / avrei dovuto accorgermene quando ho avuto le prime speranze".
Il Foglio sportivo - in corpore sano