Girodiruota – Musica in Giro
Pello Bilbao conquista il Monte Avena, Carapaz il Giro, Nibali è piacevolmente insensibile
Lo spagnolo vince la 20a tappa della corsa rosa. L'ecuadoriano, sempre in maglia rosa, e lo Squalo guadagnano su Roglic, ora quarto. Colonna sonora: Comfortably numb dei Pink Floyd
Pello Bilbao ha vinto la ventesima tappa del Giro d'Italia 2019, la Feltre-Croce d'Aune (Monte Avena), 194 chilometri. Lo spagnolo ha preceduto Mikel Landa e Giulio Ciccone, suo compagno di fuga, in uno sprint a cinque. Richard Carapaz, quarto al traguardo, nella cronometro di domani a Verona dovrà difendere il 1'54" di vantaggio da Vincenzo Nibali, quinto di giornata.
Monte Avena. Feltre è un'immagine scomposta in migliaia di puntini colorati al di sotto delle prime vette dolomitiche. È un formicolare di tinte in continuo movimento dove il rosa prevale per distacco su tutte le altre tonalità. Dal palco firme al raduno di partenza, tra le viuzze del centro e poi in su sulle scalinate che portano alla parte alta della città è tutto un susseguirsi di visi e di sguardi, di voci che gridano "Nibali" o "Pozzo", che chiamano Ciccone, che chiedono attenzione a Roglic, Lopez, udienza a Carapaz, il più rosa di tutti. Non è puntinismo però, action painting almeno per metodo, spazialismo almeno per percezione.
Sotto il Monte Avena Feltre è un continuo movimento. Un brulicare che dal fondo valle si avventura verso l'altura. Basta una mezz'ora di camminata per raggiungere Pedavena, poco più di un paio d'ore per arrivare all'arrivo. Pedalando i tempi si accorcerebbero ulteriormente. Ma la linea diretta non è mai quella battuta dal Giro d'Italia. E quella macchia di colore che è il gruppo inizia così a spargersi, a spezzarsi, a dividersi, a gocciolare lungo quel anello di strade che circonda la catena del Lagorai. Su e giù per la Cima Campo, per il Passo Manghen, per il Passo Rolle è un peregrinare alpino nel quale tutto sembra poter mutare all'improvviso, assumere una nuova prospettiva.
È l'ambizione di una rivoluzione a suggerire l'arrembaggio a Miguel Ángel López quando la novella Cima Coppi, il Manghen, inizia a far intravedere la cima. Il colombiano ha buona volontà, la maglia rosa Richard Carapaz e il suo miglior scudiero Mikel Landa hanno buone gambe e lo seguono. È la montagna a parlare a Vincenzo Nibali: "Non c’è dolore, stai solo recedendo / il fumo lontano di una nave all’orizzonte / ritorni solo attraverso le onde / le tue labbra si muovono / ma non riesco a sentire quello che dici". D'altra parte la montagna è un mare verde dove le imbarcazioni si affidano alla deriva, alla volontà di resistere ai marosi.
Foto LaPresse
È però un orizzonte dove niente muta quello del Lagorai. Il fondo valle è una ninnananna che placa gli animi, mentre le cime provano ancora a farsi sentire: "Hei, c’è qualcuno là dentro? / Fai un segno se mi puoi sentire / c’è qualcuno in casa? / Dai, vieni / so che ti senti un po’ giù / posso alleviare il tuo dolore / e metterti di nuovo in piedi / rilassati". Hanno la voce di Roger Waters, quella di David Gilmour, il loro inseguirsi in Comfortably numb (Pink Floyd). Suonano verso orecchie che vorrebbero incendiare tutto, accarezzano gambe che però non seguono la velocità dei pensieri.
Ai piedi del Croce d'Aune Vincenzo Nibali e Primoz Roglic si guardano. Sul Manghen hanno dovuto inseguire, si chiedono in silenzio cosa potrà succedere ora nelle ultime due ascese. Carapaz non ha bisogno di guardare nessuno, sa di avere accanto Landa, sa di avere addosso la maglia rosa, sa, soprattutto, di avere due gambe che girano a perfezione. Nibali vorrebbe la rivoluzione, prima insegue lo scatto di Landa, poi lo raggiunge nella discesa tra la vetta del penultimo Gran premio della montagna e l'inizio della rampa che porta a Monte Avena. Guarda il colore della casacca dell'ecuadoriano, ricorda di quando l'ha vestito, di quell'emozione che sa che non potrà più essere la stessa: "Adesso provo ancora la stessa sensazione / non posso spiegarlo, non capiresti / questo non è come sono io / sono diventato piacevolmente insensibile".
E così mentre Miguel Ángel López viene disarcionato dalla bicicletta da un tifoso, Nibali attacca due volte, ma Carapaz non si leva dalla sua ruota.
Roglic è invece indietro, attardato, abbattuto, non sconfitto: sa che il domani gli sorride, va solo superato l'oggi. Lo Squalo sa che il sogno rosa è svanito, ha l'età giusta per capire che ogni tentativo di rivolta non può non prevedere un forma di mediazione. Sa che gli obbiettivi principali hanno un corollario di alternative. E allora guarda la cima, si mette in testa, prova a mettere secondi tra lui e lo sloveno, tenta di sentire ancora il richiamo della montagna: "Le tue labbra si muovono / ma non riesco a sentire quello che dici / quando ero bambino / ebbi una fugace visione / con la coda dell’occhio / mi voltai a guardare ma era sparita / non posso afferrarla adesso / il bambino è cresciuto / il sogno è finito / e io sono diventato piacevolmente insensibile".
E quando la volata parte per decretare il vincitore di giornata Nibali riesce solo a osservare l'avanzata di Landa, la stoccata di Pello Bilbao, quella giusta, quella che lo fa attraversare il traguardo a braccia alzate. La maglia rosa lo precede di qualche metro, lui abbassa il capo, poi un mezzo sorriso tenta di coprire la realtà: "I have become comfortably numb".
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