Girodiruota – Musica in Giro
Haga vince nella Verona che celebra il Giro di Carapaz. La festa è finita
L'americano conquista la 21a e ultima tappa della corsa rosa. Gli ultimi 17 chilometri a cronometro permettono a Roglic di superare Landa. Nibali è secondo. Colonna sonora: Celebration dei Kool & The Gang
Chad Haga ha conquistato la ventunesima tappa del Giro d'Italia 2019. Nella cronometro conclusiva di Verona Primoz Roglic è riuscito a superare Mikel Landa conquistando il terzo posto. La corsa rosa l'ha vinta l'ecuadoriano Richard Carapaz che ha conservato 1'05" di vantaggio su Vincenzo Nibali.
Verona. Rosa come i fiori di maggio che accolgono i viaggiatori fuori dalla stazione di Verona. Rosa come il maggio sulle strade del Giro d’Italia. Rosa come un aperitivo che sorseggia con tutta calma un signore sulla cinquantina seduto fuori da un bar a qualche centinaia di metri dall’arrivo: “Bello come effetto...ma non prenderlo, fa schifo”. Rosa come le guance di una bambina che piange per il palloncino rosa che si alza verso quel pezzo di cielo che si scorge tra le pietre dell’Arena.
Rosa come il riflesso sulla visiera a specchio di Mikel Landa quando percorre il tappeto che lo porta sul palco dell’anfiteatro. Sono pochi secondi, è un veloce degradare al nero quando gli dicono che non ce l’ha fatta, che il podio è svanito.
Rosa come gli zigomi di Valentin Madouas mentre madido di sudore parla alla televisione francese e dice che “sì, è stato un buon Giro”, che “sì, è stata un’esperienza positiva, che gli ha fatto capire meglio che tipo di corridore è”, che “sì, ritorna a casa con molta consapevolezza in più rispetto alla partenza”, ma che “no, non ci pensa ai piani futuri perché ha una gran voglia di riposarsi”.
Foto di Giovanni Battistuzzi
Rosa come il body della EF di Joe Dombrowski che alla tv americana dice che “queste tre settimane sono andate piuttosto bene”, che “il dodicesimo posto finale non è per niente male”, ma che aver corso un intero Giro con una maglia rosa e blu gli ha fatto venire un po’ di malinconia “per quell'altro rosa, che chissà se riuscirò mai a vestire. Mi basterebbe un giorno”.
Foto di Giovanni Battistuzzi
Rosa come le pagine della Gazzetta che chissà chi ha lasciato andare sulla strada che conduce alla stazione. Svolazzano libere, sfiorano le ruote di Chad Haga che da solo se ne torna all'albergo tra il traffico della città scaligera che si sta già dimenticando della corsa per sperare in una promozione in serie B lontana due gol. Quelli del Cittadella. Haga ha appena vinto l'ultima tappa del Giro eppure se ne va per la città come nulla fosse. Non sono divi i ciclisti, il loro mezzo di lavoro è quello che tanti utilizzano per recarsi al lavoro. C'è qualcuno che se lo ricorda.
Rosa come il nome di una signora di settant’anni che in città ci vive da quando è nata e a chi la sta ad ascoltare dice che “’sto Carapà no xé bel mia come Moser. Ma no parché l’è dea bassa America, ma parché l’è proprio brut”. L’ingresso del trentino nell’anfiteatro romano lo ricorda ancora Rosa: “Un’emozione vederlo gioire per il sorpasso a Laurent Fignon. Chi l’avrebbe detto…chi l’avrebbe detto che ci sarebbe davvero riuscito. Io sì, ma solo perché sono sempre stata sua tifosa”, chiarisce. Era il 10 giugno 1984, era l’ultima tappa. Moser nei 42 chilometri a cronometro inflisse 2’24” al francese, annullando così il minuto e ventuno con il quale Fignon era partito da Soave. “Mica come oggi”, sospira Rosa. Carapaz è partito in testa e in testa ha chiuso. Ininfluenti i 48 secondi lasciati sulla strada rispetto a Vincenzo Nibali. E una volta finita la cronometro si è accasciato sulla bici e ha pianto.
Rosa come la maglia che l’ecuadoriano ha stretto, ha baciato, ha indossato per l’ultima volta, quella decisiva, sul gradino più alto del podio. Rosa come i coriandoli sparati per le foto di rito che svolazzano ovunque anche dentro i bicchieri di alcuni semivips che se ne lamentano.
Rosa come un sogno mancato, svanito chissà dove e chissà quando, ma diventato reale ieri in cima al Monte Avena, reso definitivo oggi una volta sceso di bicicletta. Il sogno mancato di Vincenzo Nibali è lo stesso di Primoz Roglic. Lo Squalo dopo il traguardo, sparisce nel retropalco, allarga le braccia verso i compagni come fosse un silenzioso “ce l’ho messa tutta”, prima di stringerle attorno alla sua bimba che finalmente si gode il papà. Lo sloveno preferisce un birra. È la prima cosa che chiede dopo essersi cambiato di maglietta. Anche i corridori, nel loro piccolo, si abbandonano al piacere.
Foto di Giovanni Battistuzzi
Rosa come la lingua di Luis Mas, professione gregario di Landa e Carapaz, quando qualcuno della sua squadra gli mette sotto il naso una pizza. “È festa”, dice a Jasha Sütterlin che gli siede affianco e ne ha già addentato una fetta.
Foto di Giovanni Battistuzzi
“There's a party goin' on right here / a celebration to last throughout the years / so bring your good times and your laughter too / we gonna celebrate your party with you / come on now”. Non è una festa che duri tutto un anno il Giro checché ne dicano i Kool & The Gang, dura tre settimane, almeno per gli appassionati, mezza giornata, se va bene, per i corridori.
Domani il Giro è finito per tutti, la festa anche. Per i tifosi che dovranno aspettare un anno, per i corridori che ritorneranno ad allenarsi per una nuova gare, per un nuovo obbiettivo. Poco male e allora “It's a celebration / celebrate good times, come on”. Insomma “let's all celebrate and have a good time / we gon' celebrate and have a good time”, e domani si vedrà.
Il Foglio sportivo - in corpore sano