Foto di Sergio Bertolini via Flickr

Milano entra in Europa: in via Brera si può andare "contromano" in bicicletta

Giovanni Battistuzzi

Cos'è il senso unico eccetto bici e perché è un bene per le nostre città. I modelli europei e le opportunità italiane

Via Brera a Milano è un passo verso l'Europa. Lì è stato apposto un cartello sotto quello del senso unico: "Eccetto velocipedi", che sa molto di inizio novecento per espressione, ma che fa entrare il capoluogo lombardo e l'Italia nella modernità. Cartelli come questo sono prassi comune in tutta Europa, tanto che in molte capitali del nord Europa è raro non trovarli. Tanto che a Berlino, in alcuni quartieri residenziali, nemmeno più ci sono: sono apposti solo quelli, rari, che vietano l'accesso alle bici in senso inverso a quello di marcia. E' questo il significato dell'"eccetto velocipedi", poter circolare tenendo la destra in senso opposto a quello delle automobili. Contromano, si direbbe, ma contromano porta con sé un sottobosco di significati luttuosi, terribili, pericolosi, che fa subito pensare: "Questi sono pazzi, contromano in bicicletta? questi sono pazzi".

 

Non è così.

 

Nessuna follia, nessuna pazzia, nessun pericolo. Perché il senso unico eccetto bici non permette alle biciclette di andare contromano ovunque, ma soltanto dove i ciclisti non rappresentano un pericolo per loro stessi e per gli altri, ossia in quelle strade a bassa velocità (30 all'ora di limite) e a limitata percorrenza, sensi unici appunto. Nessuna scelta inopportuna dunque, solo una normalizzazione di quanto accade nei centri storici di tutte le città italiane in modo "illegale" e un adeguamento a quanto è prassi comune e legale in quasi tutta Europa.

 

Via Brera a Milano diventa così la prima strada della città meneghina a entrare in una dimensione "necessaria per il benessere delle città", quella della bicicletta libera. Era la fine degli anni Settanta quando il ministro dei Trasporti olandese, il conservatore Dany Tuijnman, sottolineò come "la sfida più grande che abbiamo di fronte è quella di archiviare il luogo comune che porta all'equivalenza mobilità uguale macchina. Perché se è vero che il muoversi è un diritto, è altrettanto vero che farlo in modo intelligente è un nostro dovere". Per Tuijnman il dovere di ogni olandese era quello "di muoversi con la consapevolezza di dove si deve andare", promettendo di fare "tutto il possibile per poter rendere la mobilità olandese, una mobilità intelligente, favorendo quindi la ciclabilità cittadina e la mobilità veloce tra città e città". Autostrade per il paese e sensi unici nei paesi, facilità di spostamento nel territorio olandese e uno sforzo di dissuasione all'uso dell'auto in città: questo era il piano che il ministro iniziò a mettere in pratica. E il controsenso ciclabile fu uno dei suoi suggerimenti ai sindaci: "Facilitare al massimo gli spostamenti in bicicletta è il modo migliore per cambiare i nostri comportamenti, diminuire le spese dello stato e favorire la mobilità generale". Dieci anni dopo, il sindaco di Utrecht Lien Vos-van Gortel, finì di mettere in pratica le direttive di Tuijnman: "Stiamo dando ai cittadini una città migliore, una città dove tutti avranno uno spazio sicuro per muoversi. E l'unico modo per rendere questo possibile è incanalare le macchine e lasciare libere le biciclette". Con un'unica eccezione: "L'unica regola che deve esistere per le biciclette è quella di rispettare cosa c'è attorno, i pedoni soprattutto". Eccezione che porta a un corollario: "Per fare questo non dobbiamo pensare che la soluzione sia punire severamente le infrazioni, dobbiamo rendere le persone consapevoli di quello che fanno".

 

Via Brera a Milano è un inizio, piccolo ma significativo; è un principio che permette di offrire un precedente. 

 


L'immagini di copertina è stata tratta dal profilo Flickr di Sergio Bertolini

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