Più bici e più (ci) piace. Ad Alessandria arriva un nuovo museo. Ed è una buona notizia
Il 30 novembre verrà inaugurato un nuovo spazio dove osservare e vivere la storia della bicicletta e di quei campioni e gregari che hanno fatto grande la storia a pedali dell'alessandrino
Le biciclette non dovrebbero stare in un museo, dovrebbero uscire, muoversi, essere pedalate. Le biciclette dovrebbero stare in strada e lì viaggiare, perdersi e ritrovarsi nel tempo e nello spazio. C'è cielo sotto il quale girar le pedivelle e asfalto da percorrere, ma c'è anche una storia che ci ha condotto sino a qui, fatto di altre pedivelle e altri asfalti, altre forcelle e altri sterrati. La bici è memoria e futuro. Esiste quello che è passato, il ricordo della strada fatta, e quello che ci sarà, la speranza del passo, quella che la pioggia finisca o il sole smetta di scottare. Il presente è la bellezza del panorama che fugge e il tentativo di pensare il meno possibile alla fatica che sale dalle gambe e rende la testa leggera. E in questa forbice di memoria e futuro entra il presente che prende il passato e lo porta nel futuro, che rende la bici presenza e visione, che la riporta alla mente quella che fu e le spiana la via verso quella che sarà. Una nuova strada, che porta in Piemonte, che porta ad Alessandria, poche decine di curve in discesa e di rettilinei in pianura da dove Fausto Coppi partì per conquistare il ciclismo, Castellania, seguendo gli stessi percorsi fatti pochi anni prima da Costante Girardengo, il primo Campionissimo. Una nuova strada che porta ad Alessandria e sa di chilometri corsi e cavalli d'acciaio cavalcati, che sa di storia e di storie parla, le racconta, le evoca: Acdb, acronimo per Alessandria città delle biciclette, questa volta con apposto sotto quello che qui mancava, museo. Dal 30 novembre 2017 alle 18 per l'inaugurazione al terzo piano di Palazzo del Monferrato (via San Lorenzo, 21) – conferenza stampa il 15 novembre, ore 11, alla Camera di Commercio della città in via Vochieri 58 – con la campionessa Antonella Bellutti presente, un nuovo mondo da guardare, che si aggiunge a quelli che già ci sono, siano essi laghé e santi, Museo del ciclismo a Magreglio, davanti il santuario della Madonna del Ghisallo, santa patrona dei ciclisti, oppure personali e umani, quelli dei Campionissimi a Novi e di Gino Bartali a Ponte a Ema e Casa Coppi a Castellania, oppure ancora della bicicletta tout court, su a Cosseria, mille anime sopra Savona, luogo dell'ostinata ed eroica passione di Luciano Berruti.
Foto GAnnone Linealab @MuseoAcdB
Le biciclette non dovrebbero stare in un museo, ma è giusto che ci stiano. Perché hanno percorso parte dell'Ottocento e tutto il Novecento. Perché se nell'Ottocento sono state inventate prima e messe su strada dopo, nel ventesimo secolo sono diventate mezzo di trasporto di massa per poi incarnare a loro modo il verbo di Warhol, il concetto di arte replicabile, di utilizzo diffuso. La bicicletta non è arte, non lo sarà mai, nemmeno nelle forme più belle, più particolari. E' però tecnica strepitosa, la capacità di plasmare materiali in tubi, renderli più leggeri possibile, per poi domarli, pedalarli, viverli. Prima di essere azienda, quello che gira attorno alla bici era artigianato. Sia nella produzione che nella sua forma sportiva, quella ciclistica. Le botteghe mettevano assieme i tubi di acciaio, erano composte da demiurghi del metallo, generavano cavalli a pedali. I corridori improvvisavano il resto. Dalla preparazione fisica alle gare, dall'alimentazione alle strategie. Poi arrivò il grande mercato e la modernizzazione, il miglioramento continuo, ossia il progressivo alleggerimento, l'utilizzo dell'ingegneria, sia dei materiali, sia, ma in epoca recentissima, elettronica. Un flusso di uomini e mezzi, di idee e creazioni. Un racconto.
Foto GAnnone Linealab @MuseoAcdB
Diceva Jorge Luis Borges che "ogni racconto va raccontato, di nuovo e di nuovo ancora", per permettere a chi lo ascoltava di ricordarlo, "poi arrivò la scrittura e la stampa a permettere di farlo con meno difficoltà". E allora ben vengano i musei che mettono insieme storia e tecnica, ricordi e cambiamenti, idee e rivoluzioni. E allora ben vengano i musei che accolgono le biciclette, ché in qualche modo anche se arte non sono, arte risultano, perché replicabile, perché pezzi di metallo che prendono vita messi su strada. E allora ben vengano i musei, soprattutto se sono nati come mostra alessandrina, che da Alessandria è partita verso il Ghisallo e da lì è ritornata per stanziarsi. Un museo che è una storia, di andata e di ritorno, di chilometri fatti, come quelli delle biciclette che accudisce.