Alaphilippe e Van Avermaet sono le due stelle alpine del Tour
Il francese vince, il belga mantiene la maglia gialla dopo una fuga lunga un giorno. Con la Sky che controlla la corsa gli uomini di classifica sonnecchiano mentre la Grande Boucle cerca di esportare la Strade Bianche
Julian Alaphilippe è atleta di talento e senso scenico, uno che non ama i fronzoli, ma non disdegna le copertine. In primavera si è presa quella più scenografica, quella del Muro di Huy, peccato solo che per evitare brutte figure, non sapendo se c'era qualcuno della fuga ancora in avanscoperta, non ha neppure alzato le braccia al cielo. "Cercherò altre foto ricordo", ha detto dopo il traguardo. Oggi ha mantenuto la parola data. A pochi metri dalla cima del Montée du plateau des Glières il francese si è alzato sui pedali, ha accelerato per conquistare il Gran Premio della Montagna e ha fatto un salto indietro nella storia mettendo per primo, dopo i trecento metri del col du Coq nel 1987, la ruota sullo sterrato. Per le braccia al cielo ha fatto attendere invece solo qualche ora. E peccato se questa volta lo scenario quello solito, seppur eccezionale, di un arrivo del Tour de France.
La prima tappa alpina del Tour de France 2018 è uno spettacolo di paesaggi e panorami, valli aperte e montagne un po' a guglie, un po' a panettone, tinte di un verde brillante che viene voglia di pedalarle e camminarle. Non c'è lassù in Alvernia la scenografica maestosità e austerità della Savoia o dell'Hautes-Alpes, ma è pur sempre il primo impegno montano di questa Grande Boucle e c'è bisogno di gradualità per non farsi sopraffare dalla meraviglia.
La prima tappa alpina del Tour de France è soprattutto un mondo d'avanguardia dove lottano i coraggiosi e i "disperati", chi cerca la fuga per missione e chi per anticipare un destino di minuti di ritardo. Rein Taaramae e Lilian Calmejane fanno parte della prima categoria, Greg Van Avermaet, che esploratore lo è per natura, ma non per missione, almeno sulle Alpi appartiene alla seconda. La sua maglia gialla è un vessillo da difendere e per farlo l'unico modo è far fagotto di buona volontà e mettersi di buon animo a spingere il più lontano possibile dal gruppo. Julien Alaphilippe invece è un eccezione. E' uno che tutto può e a cui spesso molto riesce. Ha tempra e faccia tosta, buona volontà e talento, capacità di leggerezza.
E così sul Col de Romme, penultima asperità di giornata, il francese decide di cercare la sua dimensione, quella di testa. E' lì che accelera e raggiunge Taaramae che aveva provato il colpo da raccontare ai nipoti (al Santuario di Sant'Anna di Vinadio nel Giro d'Italia 2016 gli era riuscito), passa per primo in cima, che la maglia a pois è un gran bel ricordo, e sul Col de la Colombière completa il suo giorno da ricordare. Primo in cima, primo al traguardo dopo la planata verso Le Grand-Bornard. Non avesse preso una dozzina di minuti nella tappa di Roubaix avrebbe concluso la giornata in maglia gialla.
In giallo rimane Van Avermaet dopo un'altra galoppata montana, una di quelle cose che da lui non ci si aspetta mai, ma che, come successo due anni fa a Le Lioran, ogni tanto gli riescono. In giallo c'era finito per la prima volta allora dopo una cavalcata indimenticabile, il primato l'ha conservato oggi dopo una prova da duro a morire. Sempre a denti stretti, sempre al limite della sopportazione della fatica, mai domo. La sua è la prova che se la testa c'è ed è dura, anche le gambe la seguono (se la condizione è buona). Perché arrivare in scia a Ion Izagirre e Rein Taaramae, due che in salita si trovano a proprio agio, e mettere in cascina un minuto e quaranta sul gruppo è qualcosa di eccellente.
Sorprende Van Avermaet allo stesso modo sorprende tutti un rider che con la sua bicicletta da downhill vola sopra il Tour e si fa beffa di quella che dicono sia il servizio d'ordine più efficiente al mondo.
Salti artistici quelli sul Col de la Croix Fry, salti duri da digerire quelli sulla Colombière per altri. Per Rigoberto Uran, innanzitutto, che ancora tutto incerottato lascia sulle strade dell'Alvernia minuti che sono una sentenza: il terzo posto dello scorso anno se lo potrà sognare a meno di non trovare la gamba già domani e fare il numero più avanti. Per Bob Jungels, Rafal Maijka, Bauke Mollema, Ilnur Zakarin e Mikel Nieve che accumulano quasi un minuto in una frazione che ha detto niente per la lotta al podio. Tutti vicini in classifica, a eccezione di Geraint Thomas, e tutti impauriti di fare qualcosa di sbagliato.
Fortuna ci sono gli avanguardisti, quei cagnacci da fuga a cui i calcoli poco interessano. Evviva la fuga.