Foto tratta dalla pagina Facebook di Richie Porte

Richie Porte si è trasformato in Wile E. Coyote

Giovanni Battistuzzi

Ogni anno il corridore australiano sa che la vittoria di una grande corsa a tappe è alla sua portata. Ma ogni anno gli capita qualcosa di imprevedibile che gli impedisce di competere per il podio

Quando nell’estate del 2011 Cadel Evans vinse il Tour de France, primo australiano nella storia a riuscirci, nel suo paese erano sicuri che non sarebbero passati altri 108 anni (la prima edizione fu corsa nel 1903) per vedere un altro aussie primeggiare in Francia. E questa sicurezza aveva un nome e un cognome: Richie Porte.

 

All’epoca aveva 26 anni, la capacità di volare a cronometro e di andare forte pure in salita. L’aveva dimostrato l’anno precedente al Giro d’Italia: settimo al primo tentativo, impresa mica da tutti. Phil Anderson, primo australiano a vincere una tappa e a indossare la maglia gialla alla Grande Boucle, era sicuro che “Richie diventerà un gran corridore, vestirà i panni del campione”.

 

Per ora Porte ha vestito soltanto i panni di Wile E. Coyote. Se il personaggio della Looney Tunes ogni mattina si sveglia con l’idea che quello è il giorno giusto per catturare Beep-Beep, ogni gennaio Richie inizia a pedalare con l’idea che quella è la volta buona per vincere una grande corsa. E ogni anno dimostra di saper staccare tutti, arriva alla vigilia del Tour con la certezza di potere almeno conquistare il podio.

 

Ma la sorte è strana, prende direzioni tutte sue. E la sorte con Porte ha sempre coinciso con una certezza, la stessa che condivide con Wile: se qualcosa può andare male, andrà sicuramente male. Una volta è una foratura nel momento sbagliato, un’altra è una caduta in discesa, un’altra ancora in pianura, oppure è una gastroenterite, come in questa Vuelta. E così, Porte si ritrova ancora a inseguire Beep Beep.

 

 


 

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