Il tempo di Victor Campenaerts verso il Record dell'Ora
Il belga a Città del Messico proverà a battere il 54,526 che Bradley Wiggins realizzò al velodromo olimpico Lee Valley di Londra il 7 giugno 2015
Victor Campenaerts ha cinque cifre in testa: 54,526. Cinquantaquattromila e cinquecentoventisei metri, la misura del limite della sopportazione umana in bicicletta. Se oggi, martedì 16 aprile, alle 18 a Città del Messico riuscirà a percorrerne solo uno in più sarà storia. Victor Campenaerts queste cinque cifre le ha scolpite da mesi nei suoi pensieri, un'ossessione che si compone in una forma, in una figura filoforme, rossiccia, barbuta, inglese, molto inglese: Bradley Wiggins.
La diretta del tentativo di record dell'ora di Victor Campenaerts
Victor Campenaerts per queste cinque cifre ha impegnato un autunno, un inverno e quasi una primavera. A settembre l'ultimo appuntamento pubblico: la cronometro mondiale di Innsbruck, terzo. A marzo è riapparso per sgranchirsi le gambe in Italia alla Tirreno-Adriatico dopo settimane di monachesimo in Namibia. Ha fatto quello che fa di solito, con il solito piglio: chilometri in testa e borracce per i capitani, poi libera espressione di velocità durante la crono. E a San Benedetto del Tronto ha dato paga a tutti: primo. Il resto è stato mesi di allenamenti estenuanti, di solitudine, di astrazione da tutto quello che fa di un ciclista un professionista: le corse. Perché il Record dell'Ora è un chiodo a cui si appendono borsoni pieni di tempo, sacrifici e opportunità. A meno chi non ci si chiami Fausto Coppi, ma questa è un'altra storia (che potete leggere qui) e quello un altro ciclismo.
È dal 7 giugno 2015 che quelle cinque cifre rappresentano il limite della velocità: 54,526 chilometri, ossia Record dell'Ora, ossia la distanza coperta da Bradley Wiggins quel giorno al velodromo olimpico di Londra.
Il Record dell'Ora è un concetto semplice: pedalare per un'ora esatta cercando di coprire più metri possibili. Il problema però sta proprio in questa semplicità. Perché per coprire più metri possibili in un'ora bisogna andare a tutta, superare i limiti della fatica, del dolore, della resistenza.
"Pensi a tutto tranne che al ciclismo. Non ce la puoi fare altrimenti se inizia a pensare di pedalare a 48 chilometri all'ora per 200 giri. Sarebbe troppo. Di quello che ho fatto ricordo solo la voce del mio ragazzo che mi urlava il tempo sul giro, la musica ad alto volume nel velodromo: avevo una mia playlist. E poi la sensazione di dolore alle gambe, al collo, ovunque". Ha raccontato a road.cc la primatista dell'ora femminile, l'italiana Vittoria Bussi.
"Una mostruosità, una tortura legalizzata". Maurice Richard il 29 agosto 1933, dopo aver stabilito il nuovo primato, ci andò giù più pesante. Era disteso sul prato del velodromo di Sint-Truiden a braccia aperte, annaspava, cercava aria. Aveva raggiunto i 44,777 chilometri, promise: "Non lo farò mai più". Ma quando il 31 ottobre di due anni dopo Giuseppe Olmo portò il primato a 45,090, il francese si rimise in pista: "Un'ultima volta, ho faticato troppo per perderlo senza aver combattuto". Lo riportò oltralpe sul legno del Vigorelli il 14 ottobre 1936 e quella volta disse basta per davvero.
Meno tragico del francese fu Eddy Merckx: "Quella è stata l'ora più lunga della mia vita. Non pensavo che sessanta minuti potessero durare tanto". Eppure il belga arrivò alle stesse conclusioni di Richard: "Il Record dell'Ora richiede uno sforzo totale. È impossibile paragonarlo a qualcos'altro. È devastante. Non lo farò mai più", raccontò dopo aver alzato l'asticella dell'umano a 49,431 chilometri. Ci vollero dodici anni per trovare qualcuno in grado di migliorarlo: quel qualcuno fu Francesco Moser. Il trentino non si limitò a un tentativo, ne infilò diversi: prima il 50,808 del 19 gennaio 1984, poi, quattro giorni dopo, il 51,151 definitivo, quello perfetto per forma e velocità.
Campenaerts scenderà in pista a Città del Messico e poco importa se al velodromo Aguascalientes e non al velodromo Olimpico, lì dove Merckx e Moser si erano trasformati in leggenda.
E nonostante il belga sa benissimo che se non sarà mai Merckx e neppure Moser, non si dispera. Campenaerts d'altra parte è uno che ha le idee chiare, a cui le lancette del tempo non fanno paura e che soprattutto su di una bicicletta sa estraniarsi dal mondo. "Quando affronto una cronometro mi sento a posto, pedalo in una dimensione di totale tranquillità, ho addosso una sensazione di fatica e piacere".
Campenaerts intanto si concentra sulla pista, sulla tranquillità, soprattutto sul mangiare: "Gli ultimi giorni prima del tentativo del record non sono difficili da colmare. Tre settimane fa, avrei potuto già prevedere come sarebbero stati. Questo è esattamente ciò che mi dà pace e sicurezza. Le durissime sessioni di allenamento sono finite; ora è importante stimolare un po' i muscoli. E di caricare di carboidrati, di mangiarne il più possibile. Grassi, fibre e proteine sono banditi", ha scritto sul suo blog nel sito della Lotto-Soudal.
Campenaerts spera che questo possa bastare per non entrare nella lista nera dei respinti: per tre volte il danese Dane Martin Toft Madsen, per due volte il connazionale Mikkel Bjerg, e uno a testa per l'americano Tom Zirbel, per gli svizzeri Micah Gross e Marc Dubois e per l'olandese Dion Beukeboom.