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Il mistero della maglia gialla

Giovanni Battistuzzi

Il simbolo del Tour de France ha compiuto cent'anni. O forse era arrivata al secolo di cinque anni fa. In ogni caso c'è un libro (da non perdere) – Enciclopedia del Tour de France – che ne ripercorre la storia

Cent’anni. O forse qualcuno di più. Perché un sogno non può avere una fondazione certa, deve esserci sempre un po’ di nebbia che confonda la storiografia e la trasformi in una storia, magari in mito. Cent’anni, almeno per l’anagrafe accertata dai più, eppure c’è un forse che rende tutto incerto, quasi a rendere appassionante anche la celebrazione di un anniversario. Cent’anni o forse centocinque. Cinque anni, ossia la distanza che separa Philippe Thys ed Eugène Christophe, il tempo di una guerra mondiale, la differenza tra storiografia e narrazione. Non poteva forse essere altrimenti.

 

Sarà il colore, giallo come il simbolo dell’estate, del sole quando è caldo, ma anche di certi romanzi. E poco importa se l’estate e il sole e pure gli intrighi e le indagini c’entrano poco o nulla e di giallo c’è solo qualche foglio di carta e qualche metro quadro di tessuto. Perché tutto iniziò con le pagine dell’Auto, giornale che fu della Parigi sportiva, quotidiano che sparì per ragioni che con lo sport non hanno nulla a che fare, ma per esigenza di una guerra, la seconda mondiale, o meglio per esigenza di dimenticare una guerra. E tutto continuò, e continua ancora, con una maglia che più che premio è diventata icona e ambizione, simbolo di tre settimane, quelle del Tour de France.

 

Cent’anni di maglie gialle alla Grande Boucle sebbene la corsa di anni ne abbia centosedici e di edizioni corse centosei. La maglia gialla è arrivata dopo come dopo arrivano sempre i simboli. Perché all’inizio non ci si pensa, c’è bisogno di tempo affinché un evento si sedimenti nelle memorie delle persone e diventi aspettativa per il futuro, appuntamento fisso che segna le stagioni. Non ci pensò Henri Desgrange che il Tour se lo inventò e lo diresse così come si inventò e diresse l’Auto. Non ci pensò e non ci voleva neppure pensare perché il Tour, almeno a suo avviso, non aveva bisogno di nessun orpello, bastava a se stesso. Non erano d’accordo in molti, soprattutto alcuni dei suoi collaboratori che già il marketing ce lo avevano in testa ancor prima che diventasse il carburante di qualsiasi evento sportivo. “La gente ha bisogno di identificare chi è in testa alla classifica”, dicevano al patron. E lui rispondeva sempre che “il capoclassifica ha bisogno del Tour non il Tour di lui”.

 

Cambiò idea pur non cambiandola affatto. Il 10 luglio del 1919, il direttore della Grande Boucle annunciò, sul giornale sportivo che dirigeva, che il leader della corsa avrebbe vestito la maglia gialla. Peccato che nessuna maglia gialla era stata ancora confezionata e la prima arrivò nove giorni dopo, a Ginevra. La vestì Eugène Christophe. E La Sportive, ossia la sua squadra che era sponsorizzata dal consorzio dei costruttori di biciclette francesi, non la prese bene: sulla maglia il nome del consorzio non c’era.

  

E non la prese bene neppure Philippe Thys, il corridore belga che vinse il Tour nel 1913 e nel 1914 (triplicando poi nel 1920) che sostenne che la maglia gialla l’avesse già vestita lui nella penultima tappa dell’ultima Grande Boucle pre conflitto mondiale. Il problema che a Parigi ci arrivò di giallo-blu vestito perché di maglia gialla ne aveva una sola ed era lurida di polvere e di sudore.

  

Che siano passati cento o centocinque anni dalla prima maglia gialla poco importa. Perché questa casacca ha regalato mille storie e mille racconti, ha segnato sogni e incubi, vittorie e ritiri, sorprese e abbandoni, imprese e delusioni. Mille storie e racconti che si possono leggere in un volume da poco uscito che si chiama “Enciclopedia del Tour de France. Ediz. illustrata” (Rizzoli). L’hanno scritta Philippe Bouvet e Frédérique Galametz, e dentro ci sono immagini e racconti, aneddoti e illustrazioni che sono un’occasione da non perdere per capire cos’è il Tour e soprattutto quanto Tour è entrato, magari senza rendercene conto nella nostra vita. L’hanno chiamata enciclopedia ma più che un’enciclopedia è un’avventura lunga un secolo, quella che ogni anno riempie il luglio di tutti i francesi e dalla Francia si allarga sino a conquistare tutto il mondo.

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