Al Mas de la Costa Valverde si trasforma nel vento della Vuelta
Lo spagnolo conquista la settima tappa della corsa regolando Roglic, Lopez (che torna in maglia rossa) e Quintana
Per secoli gli abitanti della Franja de Aragón davano per certa l'esistenza di uno spettro che si aggirava sulle alture attorno al Salto de La Portellada, per brevità chiamato da tutti semplicemente el Salt. El Salt è una cascatella formata da un corso d'acqua che non si sa dove inizia e non si sa dove finisce (forse nel rio Tastavins, ma non è certo). L'unica cosa certa è che esce dalla terra a poche decine di metri dalla cascata e che, dopo aver formato una pozza d'acqua d'un verde brillante, nella terra rientra per andare chissà dove. Scientificamente si tratta di un fenomeno di carsismo come tanti ce ne sono al mondo. Ma scienza e credenza popolare non vanno quasi mai a braccetto ed è molto più interessante pensare che il Salto de La Portellada non siano altro che le lacrime che Alejo, lo spirito, continua a versare per la perdita della sua amata rapita dai Visigoti. È dal quinto secolo che Alejo vaga alla ricerca del suo amore, da allora che non ha pace.
È uno spirito millenario che non solo piange, ma, ogni tanto, si trasforma pure in vento. Un vento che dalla pianura sale per raggiungere la cima dei monti. Un vento forte che piega gli alberi e rende difficile la crescita della vegetazione.
Mas de la Costa è un luogo distante nemmeno cinque chilometri dal Salt. Per raggiungere il Mas de la Costa c'è una strada stretta e irta come un pugnale conficcato nei polpacci dei corridori. Una strada che è entrata per la prima volta nel 2016 nel percorso della Vuelta. È una rampa di quattro chilometri che sembrano infiniti, con pendenze che superano il 20 per cento di quelle che piacciono agli spagnoli, una specie di muro di Huy lungo quattro volte il muro di Huy.
Nel corso dei secoli, sempre che si voglia dar per buona la convinzione degli abitanti della Franja de Aragón, anche a Mas de la Costa probabilmente è stato visitato dallo spirito di Alejo, sicuramente molto spesso è visitato dallo stesso vento che dello spirito porta il nome. Un vento che si è materializzato oggi in sella a una bicicletta, cavalcata da un uomo che molto ha da spartire con quella presenza. Sia per nome, Alejandro. Sia per ricorrenza, infinita (o quasi). Perché anche Alejandro Valverde, nel suo piccolo, è millenario, almeno se si paragona il tempo della terra con quello del ciclismo. A trentanove anni compiuti Alejandro Valverde è ancora lì, avanti a tutti a festeggiare una nuova vittoria. Oggi nella settima tappa della Vuelta, ieri ai campionati spagnoli, alla Route d'Occitanie o all'UAE Tour, nemmeno un anno fa ai Mondiali di Innsbruck.
Alejandro Valverde è uno spirito senza tempo del ciclismo. Continua a essere presente e protagonista nonostante il tempo che passa, un tempo che è sovrano per tutti, ma che lui ha deciso di ignorare. Oggi in cima al Mas della Costa ha preceduto Primož Roglič, Miguel Ángel López e Nairo Quintana. Lo ha fatto dopo aver gestito d'esperienza la salita, accelerando di giovinezza nel finale. Li ha messi in fila, si è liberato della loro presenza, ha ribadito per l'ennesima volta che lui, don Alejandro, si diverte ancora a pedalare, che sa che il suo tempo non sarà eterno, ma che di energie ce ne ha per vincere ancora.