Hanno ucciso il Tour de France. E non è un male
Il percorso della Grande Boucle 2020 è un romanzo giallo, come “Omicidio al Tour de France” di Jorge Zepeda Patterson. È soprattutto dedicato, dice l'organizzatore Prudhomme, “a chi ha il coraggio di mettersi in gioco”
Non sempre il colpevole è il maggiordomo. Soprattutto in un'epoca come questa dove i maggiordomi sono quasi estinti o al massimo si chiamano “household manager”, che fa un po' più moderno per non dire chic.
Lo sa bene Jorge Zepeda Patterson, a cui manca una “a” e una “s” per entrare nella banda di fratelli svedesi che animò il ciclismo tra gli anni Sessanta e Settanta (Gosta vinse il Giro d'Italia del 1970, ossia in piena epoca e soprattutto scontro tra Eddy Merckx e Felice Gimondi), ma che al pari dei quattro fratelli mastica pedalando il ciclismo. Non è nordeuropeo Patterson, ma messicano, non è corridore, ma scrittore. E il suo ciclismo non è consueto, storiografico, neppure saggistico, ma giallo. Giallo come il Tour de France, giallo come genere, ossia omicidi, indagini, colpi di scena, colpevoli, perché c'è sempre un colpevole e non è il maggiordomo. “Omicidio al Tour de France” (Piemme, 362 pp., 18,50 euro) racconta le indagini in gruppo di un ciclista, il gregario Marc Moreau, che ha una storia a metà tra due mondi, a metà tra bicicletta ed esercito, a metà tra tante cose. Forse anche a metà di se stesso, delle sue ambizioni e del suo ruolo. Il tutto in un turbinio di salite e discese, volate e volanti, biciclette e intrighi come fossero scatti e fughe. Era ombra Moreau, come solo i bravi gregari sanno esserlo, diventa luce, anzi lumino, quello che indaga su quanto sta accadendo tra le strade di Francia, soprattutto quello che indaga sull'animo umano, non solo quello dei corridori.
Non sempre il colpevole è il maggiordomo. Soprattutto nel ciclismo, perché i maggiordomi, o meglio i domestiques, non sono mai colpevoli, al massimo sono complici, angeli, zattere, funi, più semplicemente qualcuno su cui contare quando le cose vanno bene e soprattutto quando queste voltano al peggio.
Non sempre il colpevole è il maggiordomo. Molto spesso, almeno da un po', è chi manda avanti tutta la baracca. Come Christian Proudhomme, che del Tour de France è l'organizzatore, e che a sconvolgere il naturale stato delle cose c'ha preso gusto. D'altra parte per non trasformare immediatamente in nostalgia quanto accaduto a luglio, ossia uno delle più belle Grande Boucle degli ultimi anni (qui trovate il racconto del Tour, trasformato in romanzo), serviva giocare fantasia, accantonare la tradizione, azzardare qualcosa di nuovo, reimmaginarlo e quindi reinventarlo. Soprattutto armarsi di buon senso e metterlo in pratica, anzi in strada.
Il percorso del Tour de France 2019
Perché è soprattutto un'opera di buon senso quello che gli organizzatori hanno realizzato nelle ventun tappe che partiranno da Nizza il 27 giugno per raggiungere Parigi il 19 luglio. D'altra parte buon senso era tutto ciò che si chiedeva a Proudhomme e compagnia visto che il 2020 è anno olimpico e le Olimpiadi inizieranno il 24 luglio e il 25 sarà già tempo per la prova in linea maschile. Non poteva andare diversamente. Soprattutto il buon senso era quello che gli organizzatori chiedevano a se stessi. Perché se è vero che il Tour de France è il massimo alloro che un ciclista può desiderare, è allo stesso tempo plausibile che più di qualcuno avrebbe potuto per un anno evitare di affannarsi troppo in terra di Francia pur di cullare ambizioni olimpiche.
E così, per evitare fughe dal Tour e non fughe al Tour, Proudhomme ha disegnato una Grande Boucle dura, ma non eccessivamente, complicata ma non impossibile, aperta a qualsiasi possibilità perché mellifluo, animato, soprattutto inedito. Fuori i grandi colli che hanno fatto la storia, dentro nuove salite, strade inedite, panorami e palcoscenici che mai si erano visti o si erano solo intravisti, ma mai tutti assieme.
Numeri alla mano fanno nove tappe di pianura, ma nemmeno poi tanto di pianura, tre ondulate, otto di montagna, una cronometro, il penultimo giorno, quasi tutta in salita. Numeri alla mano fanno un bel po' di metri di dislivello, ma ben distribuiti lungo tutte le ventun tappe. Numeri alla mano fanno 3.470 chilometri, più di quelli percorsi quest'anno, ma senza maratone o tappine: la più corta (tra quelle in linea) è di 122 chilometri ed è la “passerella” di Parigi, la più lunga è di 218 chilometri, la dodicesima, quella che porta a Sarran, un saliscendi senza soluzione di continuità verso il Massiccio centrale. Tutte le altre gravitano attorno ai 160/170.
Un Tour fatto per Julian Alaphilippe? Più o meno. Sicuramente più adatto a lui rispetto a quello vinto da Egan Bernal, ma non cucito esattamente sulle sue spalle. E questo non è un male. Perché uno come Alaphilippe è un bene che la Francia ha il dovere di valorizzare. Perché il Tour si corre in Francia e la Francia non vince un Tour da Bernard Hinault. Perché se c'è terreno e spazio per gli attacchi del francese allora non può essere altro che una meraviglia.
La nuova Grande Boucle, almeno per quest'anno, ha ucciso il vecchio Tour. E forse è un bene così. E il colpevole non è il maggiordomo.
Le tappe del Tour de France 2020
27/06 Nizza-Nizza 156 km
28/06 2. Nizza-Nizza 187 km
29/06 3. Nice-Sisteron 198 km
30/06 4. Sisteron - Orcières-Merlette 157 km
01/07 5. Gap-Privas 183 km
02/07 6. Le Teil - Mont Aigoual 191 km
3/07 7. Millau-Lavaur 168 km
04/07 8. Cazères-sur-Garonne - Loudenvielle 140 km
05/07 9. Pau-Laruns 154 km
06/07 riposo
07/07 10. Le Château d’Oléron - Saint-Martin-de-Ré 170 km
08/07 11. Châtelaillon-Plage - Poitiers 167 km
09/07 12. Chauvigny-Sarran 218 km
10/07 13. Châtel-Guyon - Puy-Mary 191 km
11/07 14. Clermont-Ferrand - Lyon 197 km
12/07 15. Lyon - Grand Colombier 175 km
13/07 riposo
14/07 16. La Tour-du-Pin - Villard-de-Lans 164 km
15/07 17. Grenoble-Col de la Loze 168 km
16/07 18. Méribel - La-Roche-sur-Foron 168 km
17/07 19. Bourg-en-Bresse - Champagnole 160 km
18/07 20. Lure - La Planche des belles filles (crono individuale) 36 km
19/07 21. Mantes-la-Jolie - Paris 122 km