girodiruota – il foglio sportivo
Il Giro d'Italia ideale dura 5 settimane
L’edizione 2020, il Tirreno che non c’è e la peste della partenza all’estero. Come fare il tracciato perfetto? Boh, tanto uno che si lamenta c’è sempre
Grama vita quella degli organizzatori del Giro d’Italia, sempre a rischio di paresi oculare, perché a furia di strizzare l’occhio a questo e a quell’altro prima o poi la palpebra cade e rimane a mezz’asta. Sacrificio inutile, tanto uno che si lamenta c’è sempre. Una volta per la partenza dall’estero, una volta per le poche tappe al sud, una volta per i pochi passi dolomitici o l’esclusione delle Alpi piemontesi. Poi ci sono le troppe tappe per velocisti, le poche tappe per velocisti e infine via di conteggi di chilometri a cronometro, in salita e via dicendo. E quando ci sono i grandi passi alpini ecco la manfrina sulla possibilità di taglio di percorso per neve, ché siamo a maggio ed è sempre un rischio.
Al Giro d’Italia 2020 che è stato presentato giovedì, l’assenza rilevata è stata quella della costa tirrenica. Ed è qualcosa che è sempre stato a cuore a tutti la costa tirrenica, no? Per non parlare della partenza all’estero, blasfemia a pedali, peste bubbonica che colpisce il ciclismo.
Ora basta però!
Non se ne può più di questi percorsi che discriminano pezzi d’Italia. Per far contenti tutti ci vuole un golpe, un Giro di cinque settimane almeno che raggiunga tutta l’Italia, casa per casa, salotto per salotto. Così finalmente il ciclismo potrà ritornare a essere vicino alla gente. A proposito, degli arrivi in salita che discriminano le discese quand’è che ne inizieremo a parlare?