Girodiruota – GiroDiVino
Quel doppio brindisi per Gianni Bugno
Oggi la 10a tappa del Giro d'Italia doveva portare i corridori a Tortoreto. Nel 1990 un doppio viaggio tra Milano e Teramo celebrò il Giro sempre in maglia rosa del corridore della Chateau d'Ax
La decima tappa del Giro d'Italia 2020 doveva partire da San Salvo e arrivare a Tortoreto. La decima tappa di GiroDiVino (qui trovate tutte le altre puntate) è da leggere bevendo una bottiglia di Prologo - Montepulciano d'Abruzzo, della Cantina De Fermo, Loreto Aprutino (PE).
Era da anni che il sciur Franco Turatti voleva vedere Teramo. Non che gliene interessasse qualcosa della cattedrale medievale o del medioevo posticcio di Della Monica, delle sculture di Nicola di Guardiagrele o dei resti dell’anfiteatro romano. Non aveva neppure letto Gadda e la sua meraviglia teramana. Niente di tutto questo, sapeva neppure dove fosse Teramo. Però a via Teramo, a Milano zona Barona, c’era nato, cresciuto e vissuto. E ogni giorno, a via Teramo, apriva le serrande della sua osteriola, dove si parlava di calcio e si guardavano le gare di Formula 1, ma solo quando non c’erano le corse di ciclismo. All’osteriola del sciur Franco Turatti si poteva parlar di tutto e ogni opinione poteva essere detta, ma su tre cose non si poteva transigere, anzi quattro. Si doveva tenere per il Milan, per la Ferrari e per Fausto Coppi, ma anche per Gianni Bugno.
Il sciur Franco Turatti a Teramo andò per la prima volta nel settembre del 1989 perché suo figlio si era trovato una pugliese e, anche se lui era contrario visto che la ragazza viveva da anni e anni a Milano, il matrimonio doveva essere celebrato nel paese della sposa. A seccarlo però non era tanto il viaggio, quanto che il padre della sposa teneva per l’Inter e a lui quando vedeva un interista gli saliva sempre il nervosismo. Ma in quei giorni riuscì a trattenersi.
Fu tornando verso Milano che il sciur Franco Turatti vide per la prima volta Teramo. La trovò graziosa e rumorosa, ma accogliente. Fece lunghe passeggiate per il centro, guardò un po’ di chiese e un po’ di palazzi, le rovine e le piazze. Fu in una di queste camminate che incappò in un’osteriola che si chiamava come la sua: Osteria della ruota. E all’interno c’era la stessa foto di Coppi sullo Stelvio che aveva lui e pure un poster di Villeneuve e uno di Bugno. Certo mancavano le foto del Milan alle pareti, ma quanto meno non c’erano né quelle dell’Inter né quelle della Juve. Il sciur Franco Turatti raccontò questa coincidenza all’oste. Iniziarono a chiacchierare di questo e di quello, di quello e di questo, soprattutto di Coppi e di Bugno e ci volle poco a diventar sera. Si scambiarono i numeri di telefono.
Tornato a Milano il sciur Franco Turatti iniziò a sentirsi spesso, almeno una volta a settimana con il suo omologo teramano, tanto che nell’aprile del 1990, dato che il Giro d’Italia faceva tappa a Teramo e finiva a Milano, decisero di fare uno scambio culturale. Da nord sarebbe scesa una delegazione lombarda per tifare Bugno a Teramo, da sud sarebbe salita una delegazione abruzzese per applaudire Bugno in maglia rosa a Milano. Che tanto erano sicuri tutti e due che quell’anno il Gianni avrebbe vinto il Giro.
La cosa si fece. E nell’anno giusto. Perché Gianni Bugno quell’anno la maglia rosa la prese alla prima tappa e non la mollò più. Le due delegazioni festeggiarono parecchio, sbocciarono diverse bottiglie di vino, brindarono a Bugno e alla stranezza della vita. Nessuno si dispiacque delle vittorie di Fabrizio Convalle a Teramo e di Mario Cipollini a Milano.
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