Girodiruota – GiroDiVino

Per un sorso di vino (di troppo) Bartali perse la tappa

Per una bottiglia sbagliata Ginettaccio andò in difficoltà nella frazione che portava ad Ancona del Giro d'Italia 1952. Su quelle stesse strade sarebbe passata la 11esima tappa del Giro 2020

Giovanni Battistuzzi

L'undicesima tappa del Giro d'Italia 2020 doveva partire da Porto Sant'Elpidio e arrivare a Rimini. L'undicesima tappa di GiroDiVino (qui trovate tutte le altre puntate) è da leggere bevendo una bottiglia di Bastaro - Lacrima di Morro d'Alba, della Tenuta San Marcello, San Marcello (AN).

 


 

Sarà stato il freddo che aveva preso scendendo da Roccaraso subito dopo la partenza, seguito dal sole che aveva iniziato a battere una volta raggiunte le colline che portano all’Adriatico. O forse era stata la polvere delle strade alzata dal vento secco che veniva dal mare. Fatto stava che quel giorno c’aveva un borbottio per metro pedalato e una sete che metà sarebbe bastata. E così, quel giorno, a Ivo Baronti, toccò fare il triplo lavoro, tanto che i 224 chilometri della ottava tappa del Giro d'Italia 1952 che portava ad Ancona gli sembrarono almeno 400. E per fortuna che gli ultimi cento chilometri erano tutti in piano che altrimenti gli sarebbe scoppiato il cuore a furia di andare a prendere acqua. 

 

S’era fermato a quattro fontanili che aveva trovato strada facendo, due bottiglie le aveva raccattate al volo dagli spettatori sfruttando la sua maglia gialla con la scritta “Bartali” e quelle tre parole che erano un lasciapassare strepitoso: “È per Gino”. 

 

Un lavoraccio, ma ne era valso la pena, che il Ginettaccio ora se ne stava tranquillo in coda al gruppo e nemmeno più borbottava, anzi se la rideva mentre l’Ivo gli raccontava le sue solite storie che facevano scompisciare tutti in albergo. 

 

O almeno così sembrava. 

 

Perché a una trentina chilometri dall’arrivo Gino Bartali, a mezza voce, se ne uscì con un ho sete Ivo che non gli piacque affatto. Anche perché davanti c’era ancora la fuga e il gruppo aveva alzato la velocità. Chiamò a raccolta Bruno Giannelli e Giulio Bresci e gli disse che il Gino aveva sete e che toccava fare uno sforzo per avvantaggiarsi per trovare un po’ d’acqua. Avvisarono Coppi e Coppi acconsentì all'evasione. Menarono a tutta per cinque chilometri prima di trovare qualcosa. Un bar aveva due tavoli fuori e affianco ai tavoli un po’ di bottiglie in ghiacciaia. Al grido paga Torriani arraffarono ciò che poterono, quattro bottiglie in tutto e un limone. 

 

Col bottino sotto le magliette iniziarono a rincorrere il plotone che intanto era passato. 

 

Gli ci vollero dieci minuti buoni per rientrare che quel diavolo d’un Fausto mica aveva fatto rallentare troppo gli sgherri di Van Steenbergen e Oreste Conte che inseguivano per permettere ai loro capitani di contendersi la vittoria in volata. 

 

Il ritmo aumentò ancora. Ivo Baronti, passò una bottiglia al Gino che assetato ingollò subito una gran sorsata. E immediatamente iniziò a tossire e a sputare. “O’ grullo, l’è vino”. L’Ivo sbiancò, poi provò a scusarsi, mentre Ginettaccio iniziava a borbottare qualcosa. “L’è bono però”. E buttò giù un’altra sorsata e un'altra ancora. E poi una terza, ché la sete era tanta. 

 

Rino Benedetti aveva provato a beffare tutti e se ne veleggiava con quasi un minuto di vantaggio. In testa al gruppo Rik Van Steenbergen continuava a gridare ai suoi di andare più forte. Giovanni Corrieri aveva da poco abbandonato Bartali e Baronti per provare a fare la volata quando Gino tirò fuori la lingua e iniziò a sbuffare.

 

Mancavano milletrecento metri all’arrivo quando Gino saltò una pedalata, poi un’altra. Il suo incedere si fece pesante, problematico, tanto da perdere le ruote del gruppo. L’Ivo e il Giulio gli erano affianco. Dai Gino gli dicevano, ma Bartali non andava avanti. Superò lo striscione d’arrivo quarantacinque secondi dopo Rino Benedetti e ventitré dopo il gruppo. Non borbottò nulla. Si limitò a guardare il suo gregario che impaurito s'aspettava la sfuriata. “Maledetto il vino e te che me l’hai dato”. Poi soffiò fuori il disappunto. “Ma l’era bono proprio”.

 


 

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