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Démare alla Milano-Torino è un cocktail semplice ma ben preparato

Pianura, tanta, qualche collinetta, velocità. Insomma: una libidine per i velocisti. Il ciclismo riscopre le volate nelle grandi corse in linea. Il più lesto a sfruttare l'occasione è il francese

Giovanni Battistuzzi

Il MilanoTorino è nato semplice. In un bicchiere freddo, meglio se un Old fashioned – ma se non ce l'avete fa lo stesso –, quattro centilitri di bitter, altrettanti di vermouth rosso, tre cubetti di ghiaccio e una fettina d'arancia. Si mescola leggermente, non si shakera. Il MilanoTorino ora lo chiamano MiTo, anche se di miti non ce ne sono, almeno primigeni. Semplice unione di produzioni locali di bevande spiritose. Il mito è arrivato dopo. E qui la storia si lega alla leggenda, anche se tutte e due sono concordi a dare al conte Camillo Negroni quello che è del conte Camillo Negroni, ossia la paternità dello strappo alcolico con quello che era il re degli aperitivi. Uno strappo che prese il suo cognome: Negroni. Un'aggiuntina di gin per rendere più gradevole al palato il cocktail.

 

Anche la Milano-Torino è nata semplice. Una linea la più dritta e pianeggiante possibile (centocinquanta chilometri), l'unione tra le due grandi città più appassionate di ciclismo. Partenza ovviamente a Milano, ché tanto sempre da Milano partivano le corse, arrivo a Torino, ritorno in treno, ché tanto a quell'epoca chi andava in bicicletta spiantato non era. Era il 1876 e dal capoluogo lombardo partirono in otto per partecipare all'"epocale sfida velocipedistica". Dieci ore dopo a Torino arrivano in quattro, Paolo Magretti oltre sessanta minuti prima di Carlo Ricci Gariboldi, Bartolomeo Balbiani e Luigi Greco. A oggi nessuna corsa arrivata sino a noi può vantare una prima edizione così in là con gli anni.

 

Se il MilanoTorino non è cambiata, la Milano-Torino sì, tanto che a volte nemmeno si riconosceva. Colpa dei tempi e della tecnologia che ha aiutato i corridori a fare un po' meno fatica e ad andare più veloci. E mai si è andati veloci come oggi: 45,88 chilometri orari di media. Anche perché quest'anno gli organizzatori non hanno inserito salite, si sono limitati alla via più agevole, anche se non la più pratica per unire ciò che sta fuori da Milano a ciò che sta fuori da Torino, Mesero e Stupinigi. Il ciclismo l'hanno esiliato dalle grandi città.

 

Pianura, tanta, qualche collinetta, velocità. Insomma: una libidine per i velocisti. Il ciclismo ha provato a esiliarli dalle grandi corse. Ogni tanto però un rigurgito di coscienza viene a tutti, anche agli organizzatori. Tocca farsi trovare pronti.

 

Il più pronto di tutti è stato Arnaud Démare che ha superato per il primo il traguardo posto davanti alla Palazzina di caccia che fu dei Savoia e che tanto palazzina non è: 31.000 metri quadrati di villa, 14.000 di fabbricati, altri 150.000 di parco. Numeri che nemmeno in calorie i corridori possono raggiungere.

 


Foto LaPresse


  

La Milano Torino è nata semplice e semplice si è ritrovata. Che poi nemmeno è vero. Perché 198 chilometri a più di quarantacinque all'ora, gli ultimi venti a cinquanta costanti, mica sono una scampagnata. Soprattutto se il gruppo è compatto, se davanti vogliono stare tutti e se per stare nelle prime posizione tocca andar di lima e gomito, lavoro gregario, ma mica da tutti, ché per non centrare la ruota posteriore di chi sta davanti e non farsi fregare la posizione da chi dietro non ha voglia di stare serve se non una laurea, quantomeno un diploma di strada. Ne sa qualcosa Vincenzo Nibali che oggi si è dato al bene collettivo, quello di squadra, servitore di Matteo Moschetti, che tra i primi nemmeno c'è arrivato. Una caduta a poco meno di otto chilometri dall'arrivo ha segato in due il gruppo e tanti saluti alle buone intenzioni.

 

 

Chi tra i primi è rimasto era parte del meglio che il listino dei partecipanti aveva da offrire. Caleb Ewan, secondo, Wout Van Aert, terzo, Peter Sagan, quarto, Danny Van Poppel, quinto, Nacer Bouhanni, sesto, Fernando Gaviria, settimo, Manuel Belletti, ottavo. Jacopo Guarnieri, ventitreesimo, ma vincitore a mezzi con Démare. 

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