Se la città delle auto punta sulle biciclette
A Monaco di Baviera cade l'obbligo dell'uso delle piste ciclabili. I ciclisti sono più al sicuro all'interno della sede stradale. E la città punta su una rivoluzione della mobilità: “Incremento dell'economia cittadina e riduzione della spesa sanitaria”
Quando nell'estate 2010 Monaco di Baviera divenne Radlhauptstadt (capitale della bicicletta), almeno in Germania, in molti sorrisero. Poteva essere considerata capitale delle biciclette la città della Bmw e la capitale del land con il più alto tasso di produzione d'auto d'Europa? Poteva. Dieci anni fa il 13,8 per cento degli spostamenti urbani era effettuato sui pedali. A inizio del 2020 erano il 18,5 per cento. Dopo la pandemia di Covid, almeno secondo le stime del dipartimento comunale per la mobilità, hanno raggiunto il 27 per cento. I percorsi ciclabili a Monaco raggiungono i 1.200 chilometri, più del 50 per cento della lunghezza totale della rete viaria cittadina. Si tratta in buona parte di infrastrutture protette fuori dalla carreggiata stradale costruite tra il 1992 e il 2010, quando il governo bavarese investì 32 milioni di euro per il progetto di “messa in sicurezza dei ciclisti”.
Una politica che ha incrementato l'uso della bicicletta puntando sulla “sicurezza della distanza”. Un modello che ha dato i suoi frutti, certo, ma che adesso rivela la sua limitatezza. Perché ora, ha fatto sapere la giunta comunale, “le nostre piste ciclabili non bastano più” e dunque “abbiamo l'esigenza di mettere in discussione il nostro sistema di ciclabilità urbana”.
I percorsi protetti fuori dalla sede stradale sono troppo stretti, a volte in conflitto con i pedoni e con le attività economiche che ora hanno bisogno di più spazio per via del distanziamento sociale imposto dalla pandemia. E così dal municipio hanno iniziato a mettere in dubbio uno dei capi saldi della mobilità tedesca, ossia l'obbligo di utilizzo delle piste ciclabili (quando ci sono, in pratica quasi sempre). Già su 90 strade di Monaco i ciclisti ora hanno la possibilità di scegliere dove pedalare: sulla pista o sulla carreggiata. Negli altri percorsi invece l'obbligatorietà rimane. Almeno per ora. Perché il dipartimento comunale per la mobilità sta iniziando a riprogettare il sistema generale di movimento urbano.
Il Kreisverwaltungsreferat (l'autorità comunale per l'ordine e la sicurezza, si occupa di amministrazione del traffico e di ordine pubblico) aveva affidato a un gruppo di urbanisti ed esperti di mobilità (coadiuvati da alcune associazioni di ciclisti urbani) l'analisi della topografia cittadina, le statistiche sugli incidenti e sul traffico. L'equipe ha dato una indicazione specifica: i ciclisti sono più sicuri sulla strada perché possono essere visti prima e meglio da automobili e pedoni e perché, in questo modo, si riduce enormemente il rischio di entrare in conflitto con i veicoli in svolta (l'incidente che coinvolge ciclisti e automobilisti più diffuso in Germania).
Il comune ha quindi subito selezionato le strade dove ciò poteva essere messo in pratica velocemente e senza modifiche del sistema viario (le citate 90 strade). Ma altri “obblighi di utilizzo delle piste ciclabili” cadranno nei prossimi mesi. Il Kreisverwaltungsreferat infatti sta completando la creazione di un nuovo database centrale nel quale confluiranno i dati della polizia e dell'agenzia del traffico, per analizzare il numero di veicoli e incidenti. Da questo lavoro il comune deciderà dove intervenire per realizzare corsie ciclabili, oppure corsie automobilistiche con velocità massima limitata ai 30 all'ora.
La giunta comunale ha dichiarato di “aspettare i risultati del nuovo database prima di intervenire”, ma ha aggiunto che “è però questa la via giusta da seguire. I ciclisti urbani sono in costante aumento” e “la bilancia costi e benefici pende dalla parte delle biciclette: incremento dell'economia cittadina e riduzione della spesa sanitaria”.
Insomma nella città della Bmw e nella capitale del land con il più alto tasso di produzione d'auto d'Europa il futuro è della bicicletta.