Un Giro da mediano
Antwan Tolhoek preferiva le cozze al Giro
Il sogno del corridore della Jumbo-Visma era pescare o fare il giardiniere, mai avrebbe pensato di riuscire a disputare quattro grandi giri
In cima all'Etna, il gregario di Steven Keuijswijk è arrivato 87esimo a oltre quarto d'ora, mediano perfetto di tappa. All'olandese dicevano che era uno scalatore, "poi sono andato sulle Alpi" e ho capito che in Olanda non ci sono montagne
Antwan Tolhoek si è sempre considerato uno come tanti, nulla di particolare checché ne dicevano allenatori e selezionatori. Non un fenomeno, uno da gruppo, che si sa ritagliare l’occasione, magari la sfrutta pure, ma che sa rientrare subito nei ranghi. Ieri in cima all’Etna, la terza tappa del Giro d’Italia l’ha finita esattamente a metà dei ranghi: ottantasettesimo a 16’19” dal vincitore Jonathan Klever Caicedo. Attorno a lui non c’era nessuno. E questo non è un male per uno come Antwan Tolhoek a cui lo stare solo piace, lo tranquillizza.
Tolhoek ha passato il traguardo al modo di sempre quando non si danna per un piazzamento, con gli occhi ben aperti, quasi stupiti di essere lì, di essere davvero un ciclista e girare il mondo su di una bicicletta. C’avrebbe mai creduto se glielo avessero detto. Ci crede a malapena oggi che è da sei anni che fa il corridore.
Tolhoek nel ciclismo c’è precipitato, si è trovato lì per strane meccaniche celesti. “Non so se trovato noioso il ciclismo da piccolo", disse l’anno scorso al Wieler revue. “Quello che ricordo è che non ho mai guardato veramente gli sport fino a quando non avevo quindici anni. Non mi è mai interessato. Certo ogni tanto giocavo a tennis e a calcio, mi divertivo con gli amici. Ma mi interessava soprattutto il porto. Mi ero trovato un lavoro dopo la scuola, il porto mi attraeva”.
Tolhoek vorrebbe riprendere una barca, uscire a raccogliere cozze, o tornare a curare i giardini. Le piante lo appassionano quasi quanto le cozze. Di barca ne sta cercando una, perché “è una forma di relax durante un'intensa stagione ciclistica”. Come ci sia arrivato Tolhoek in bicicletta è lungo e soprattutto recente. L’olandese allo sport c’è arrivato per un paio di pattini. Si è iniziato a divertire, fare bene, vincere pure qualcosa. Ma era già dai pattini e su sui pedali Antwan stupì tutti. Mentre si allenava con i compagni in bicicletta riusciva a staccarli alla minima salita, a tenere il ritmo di gente che il ciclista lo faceva da anni. Nel 2012, a 18 anni inizia con il ciclismo. Nel 2014 viene selezionato per partecipare al Tour des Pays de Savoie. “Era la prima volta nella mia vita che andavo in bicicletta in alta montagna. In Olanda mi dicevano che ero uno scalatore. E in effetti sulle salite da cinque minuti andavo forte. Lì ho capito che nelle Alpi le salite durano ore e io dopo cinque minuti avevo già dato tutto”.
Scalatore Tolhoek lo è diventato, sulle montagne ha dato tirato il gruppo, ha dato una mano ai capitani (a Roglic allo scorso Giro e al Tour del 2018), si è ricavato pure un suo spazio, al Flumserberg, l’unico della fuga mattutina a resistere al ritorno di Bernal e compagnia. “Entrare in qualche fuga è una cosa buona per lo spirito. Farsi inseguire invece di inseguire gli altri è un cambio di prospettiva interessante”. Tolhoek non ci pensa a vittorie e a sconfitte, lui guarda tutto passargli accanto con i suoi occhi e stupiti.