giro di tavole

Giro d'Italia, Narvaez, Padun e i briganti del brodo

Il ciclismo romagnolo tra Olindo Guerrini e Pellegrino Artusi

Giovanni Battistuzzi

A Cesenatico, sul percorso della Nove Colli, l'equadoriano dell'Ineos conquista il suo primo successo al Giro dopo una fuga lunga un giorno (e parecchio bagnata). Alle sue spalle l'ucraino appiedato nel momento peggiore da una foratura. Almeida sempre in maglia rosa

Scriveva Lorenzo Stecchetti a Pellegrino Artusi che “miglior rimedio ai fastidi del freddo era una ciotola di sano brodo alla giusta maniera, magari con qualche quadruccio a dar sostanza”. Scriveva Olindo Guerrini a Pellegrino Artusi, come “la panata nulla sa scaldare le sere fredde dell’entroterra inumidito dal mare”. Rispondeva Pellegrino Artusi a Lorenzo Stecchetti e Olindo Guerrini, che poi erano la stessa persona, il primo pseudonimo del secondo, che “di minestra è giusto mangiarne, ma un poco soltanto per scaldarsi e prepararsi al nutrimento”. E meglio “sempre con un po’ di butirro”. 

 

Di qualcosa di caldo, sia esso “sano brodo alla giusta maniera” o panata, sarebbe servito anche ai corridori del Giro d’Italia che oggi da Cesenatico sono partiti e a Cesenatico sono arrivati pedalando nel freddo di una pioggia pungente e fin troppo autunnale, tra i luoghi “di tutti quegli arditi pranzi che mi lodo di aver con te condiviso e che utili sono stati, come immagino, per la scrittura del tuo volume”, scriveva Olindo Guerrini all’Artusi. 

 

Sul percorso della Nove Colli, la granfondo che da cinquant’anni vaga ogni anno tra l'Adriatico e i colli cesenati, brodo o panata sembravano pietanze adeguate, almeno nell’accezione dell’Artusi, di preparazione al nutrimento. 

 

Nei 204 chilometri della dodicesima tappa il Giro d’Italia poteva farsi portata principale, è rimasto antipasto, una minestra per scaldarsi, buona per sfoltire gli invitati alla tavola giusta, quella che dirà chi potrà vestirsi di rosa. Fuori dalla porta sono rimasti Hermann Pernsteiner e Ilnur Zakarin, per tutti gli altri c’è ancora posto alle spalle di un Joao Almeida che nulla ha rischiato oggi, se non di prendersi un colpo di freddo per aver pedalato tutto il giorno senza mantellina. A ventun anni però il freddo quasi nemmeno lo si sente. 

 

Foto LaPresse
  

Tra Novafeltria e San Giovanni in Galilea il brodo lo si fa alla maniera di tutta la Romagna, la panata invece devia dalla norma (o almeno deviava ai tempi dell’Artusi). Al pan raffermo ammollato con uovo e cacio e allungato con brodo e spolverato di noce moscata, si aggiunge un po’ di bietina di brina (quella dei primi freddi) e, alla possibilità, di qualche bruciatino (dadini di pancetta abbrustolita).  

 

Tra Novafeltria e San Giovanni in Galilea su molte cose fanno alla loro maniera. Terra di briganti, anche culinari. Briganti sui pedali sono Jhonatan Narváez, Mark Padun e Simon Clarke, gente di coraggio e arrembaggio, gente che alla classifica, nonostante la giovane età dei primi due, ci bada il giusto, cioè poco o nulla. 

 

Sul passo delle Siepi lasciano i compagni di avventura, si fanno avanguardia degli avanguardisti mentre François Bidard, Simon Pellaud, Manuele Boaro, Cesare Benedetti, Joey Rosskopf, Jesper Hansen, Albert Torres, Hector Carretero, Victor Campenaerts, Max Richeze ed Etienne Van Empel si sfibrano si staccano e si perdono strada facendo. Il loro è un vagare tra la certezza dell’impossibilità di farsi testa e il pericolo di diventare coda di un gruppo che gli uomini di Domenico Pozzovivo allunga e sfoltisce senza però davvero impensierire chi davanti spera solo di vedere Cesenatico per scaldarsi un po’ ossa e pancia. 

Mark Padun (foto LaPresse)
  

Narvaez sul mare è il primo ad arrivare. Per forza, senz’altro, per sfortuna altrui, di Padun, perché in fondo anche la fortuna è una componente del ciclismo. Nulla gli è stato in ogni caso regalato. Il brodo o la panata, a sua scelta, s'è l'è guadagnata sulla strada. 

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