Woodcock, cortocircuito napoletano
Procura senza procuratore e pm indagato per la sua indagine
Roma. L’iscrizione nel registro degli indagati per rivelazione di segreto del pm Henry John Woodcock è l’ultimo capitolo di una vicenda che sta gettando ulteriore discredito sul funzionamento della giustizia ma è anche il prodotto di una procura senza nocchiero e di un Csm impastoiato. Sebbene la spartizione correntizia degli incarichi direttivi negli uffici giudiziari sia una delle principali occupazioni del Csm, la procura di Napoli è da mesi senza capo. Ci sono anche i candidati, due magistrati con un curriculum adeguato, il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e il sostituto procuratore generale a Roma Giovanni Melillo. Ma il Csm rinvia la scelta da febbraio, evidentemente in attesa di poter incastrare i tasselli del mosaico nazionale. Tutto questo però sta creando non pochi problemi nella gestione caotica dell’inchiesta Consip e di una procura importante come quella di Napoli.
Ora il procuratore facente funzioni Nunzio Fragliasso si ritrova a dover decidere se togliere o meno il fascicolo Consip al pm Woodcock, che è indagato dalla procura di Roma per aver rivelato atti segreti proprio di quella inchiesta. L’indagine sul pm napoletano, al di là dei risvolti e delle responsabilità soggettive, alimenta una situazione di possibile incompatibilità ambientale su cui il Csm ha già aperto da tempo un fascicolo, proprio per problemi interni alla procura di Napoli tra il procuratore reggente e il pm. Secondo una relazione del procuratore generale di Napoli Luigi Riello, i pm titolari dell’inchiesta Consip – tra cui Woodcock – non avrebbero comunicato l’iscrizione nel registro degli indagati di un magistrato a Fragliasso, in modo che il procuratore potesse avvisare il Csm. Il logoramento dei rapporti in procura è anche all’origine dell’azione disciplinare a carico di Woodcock avviata proprio da una nota di Fragliasso. Ma partiamo dall’inizio, o quasi.
Sin dall’inizio – dal momento del passaggio a Roma del fascicolo sull’inchiesta Consip riguardante Tiziano Renzi e gli altri – e per ogni sviluppo successivo, la procura di Napoli ha ripetuto secondo una formula collaudata che tra le due procure “non c’è alcun contrasto” e “c’è piena sintonia”. Il problema è che la sintonia non c’è né tra le due procure né all’interno della procura di Napoli. L’inchiesta Consip arriva a Roma a dicembre con una fuga di notizie a favore del Fatto quotidiano, quella per cui adesso sono indagati Woodcock e la Sciarelli. Dopo qualche mese il Noe – la polizia giudiziaria – per conto della procura di Napoli intercetta Tiziano Renzi, che è indagato a Roma (intercettazioni penalmente irrilevanti che poco dopo finiranno sullo stesso giornale). Siamo al 3 marzo e il giorno successivo, con una mossa clamorosa, la procura guidata da Giuseppe Pignatone ritira la delega al Noe per la ripetuta fuga di notizie. Napoli invece continua ad affidarsi al Noe, anche dopo che a Roma il 10 aprile i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi mettono sotto indagine per falso il capitano Gianpaolo Scafarto per le manipolazioni nelle informative dell’inchiesta Consip.
Qui iniziano le crepe all’interno della procura partenopea. In un momento di grande tensione con Roma, Woodcock riesce a ottenere da Fragliasso la conferma della piena fiducia al Noe e a Scafarto, ma il reggente impone il silenzio con gli organi d’informazione. La direttiva non viene rispettata, Woodcock parla con i giornalisti e il giorno dopo le sue dichiarazioni finiscono su Repubblica: nessuna manipolazione volontaria, quelli di Scafarto sono solo errori. Salta il patto stretto nella procura. Il procuratore generale della Cassazione avvia un procedimento disciplinare nei confronti di Woodcock anche sulla base di una nota di Fragliasso e il procuratore reggente. Nel frattempo la procura di Roma scova altre anomalie e manipolazioni nelle informative di Scafarto, a cui si aggiungeranno le fughe di notizie verso ex colleghi del Noe ora ai servizi segreti. Il giorno dopo l’interrogatorio del carabiniere, Fragliasso è costretto a fare un’imbarazzante retromarcia rispetto alla fiducia che, pochi mesi prima, era stata data al Noe e a Scafarto: “La procura non si è mai pronunciata sulla conferma o meno della fiducia al comando o all’ufficiale”.
Ma la verità è che il Noe, esautorato dalla procura di Roma dopo le fughe di notizie e destinatario di diverse accuse di falso, continua a lavorare al caso. E se Scafarto non fa parte della polizia giudiziaria non è perché qualcuno lo ha messo da parte, ma solo perché si è autosospeso in quanto indagato. Altrimenti sarebbe ancora lì a compilare informative. Ma non finisce qui, perché a metà maggio vengono pubblicate le intercettazioni secretate e penalmente irrilevanti di Tiziano Renzi con il figlio Matteo e il suo avvocato. L’ennesima fuga di notizie da Napoli. Infine arriva la tegola finale: Woodcock indagato. Può un pm continuare a mantenere un fascicolo per la cui gestione è indagato da un’altra procura? Dovrebbe deciderlo il procuratore. Che non c’è. È evidente che un reggente, pur autorevole come Fragliasso, non ha la stessa autorità di un capo effettivo.
La gestione dell’inchiesta Consip della procura di Napoli per adesso ha prodotto: fughe di notizie, ufficiali della polizia giudiziaria indagati, un pm titolare del fascicolo indagato, un’azione disciplinare del procuratore generale della Cassazione, accertamenti preliminari del ministero della Giustizia e un procedimento del Csm per incompatibilità ambientale. È evidente che qualcosa non funziona. In una situazione del genere servirebbero interventi eccezionali del Csm, per iniziare basterebbe almeno l’ordinaria amministrazione. Quanto bisogna aspettare per la nomina del nuovo procuratore di Napoli?