Mille giorni per una sentenza. Giustizia, ma quanto ci costi?
Secondo la Banca Mondiale a ogni 10 per cento in meno di durata dei processi, corrisponde un 2 per cento in più di dimensione delle imprese
Roma. La durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i mille giorni, e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi, secondo la graduatoria stilata dalla Banca Mondiale. A ogni 10 per cento in meno di durata dei processi, corrisponde un 2 per cento in più di dimensione delle imprese. “Nel paese in cui ci si balocca con i bonus elettorali e il reddito di cittadinanza quali sedicenti motori di ripresa economica, migliaia di imprenditori – stranieri e italiani – nello scorso decennio hanno sperato, tentato e infine rinunciato a investire nei più diversi settori – dal turismo all’energia, dalla grande distribuzione all’ambiente – con un danno occupazionale ed economico quantificabile fra l’ 1 e i 3 punti di pil. E’ per via del nodo della Giustizia se in un anno, mentre nel Regno Unito arrivano 45 miliardi di investimenti stranieri, in Francia 30 e in Spagna 20, in Italia ci si ferma a 5 miliardi. Sono le drammatiche cifre alla base del convegno “Giustizia è Economia”, organizzato mercoledì scorso dal Movimento La Marianna alla Camera dei Deputati.
Daniela Piana, ordinario di Scienze politiche all’Università di Bologna, ha ricordato che l’Italia ha un sistema Giustizia che più ancora che inefficace è assolutamente disomogeneo: se le 10 sedi giudiziarie con le performance migliori stanno a livelli di eccellenza europea, le 10 peggiori stanno a livelli da profondo Terzo mondo. Bernard Chittaro, manager internazionale francese ma legato all’Italia dalle sue origini friulane, dopo aver ricordato i dati sulla difficoltà per gli investitori stranieri in Italia ed averli illustrati con qualche aneddoto personale, ha testimoniato la diffusa sensazione secondo cui su certi nodi in Italia non si vuole intervenire proprio perché c’è la possibilità di lucrare, politicamente e non solo. Altri aneddoti simili li ha raccontati Mario Baldassarri: per esempio, di quando da viceministro dell’Economia spese di tasca propria 17 euro per cambiare due lampadine e un faretto fulminati, ha scoperto che la società appaltatrice per quel tipo di lavori aveva un contratto in base al quale per la stessa sostituzione avrebbe ricevuto 7.200 euro. “Non sono meccanismi illogici. Stanno in una logica convessa per la quale 60 milioni di italiani soffrono, ma ce ne sono altri 3 o 4 milioni che invece ci sguazzano”.
Per intervenire su questi nodi nel modo più radicale, Stefano Parisi propone una Costituente: “75 persone da eleggere per due anni e che poi non potranno candidarsi per due legislature, in modo da essere sottratti a ogni condizionamento della politica”. La Marianna ha però una proposta di legge più specifica, nata dall’elaborazione di una squadra di avvocati composta da Fabio Ghiberti, Claudio Vivani e Tommaso Ricolfi. Come sintetizza per la Marianna Giovanni Negri, “quando parliamo di una somma tra gli 1 e i 3 punti di pil stiamo parlando di cifre gigantesche, che se ogni anno vengono sommate fanno gli equivalenti di ben più che ogni manovra economica annuale”. Dunque, con la legge proposta, “finalmente viene stabilito un rapporto di tempo entro il quale i pubblici poteri sono obbligati a dare una risposta ai progetti di investimento finalizzati allo sviluppo e all’occupazione. Il pubblico funzionario non può più nascondersi dietro il dito o dietro la foresta di leggi, ma deve avere tempi certi entro i quali l’imprenditore italiano o straniero, poco importa, deve avere diritto a una risposta alla sua proposta. Per evitare che continuino ad andar via dall’Italia miliardi di potenziali investimenti”.
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