Contro l'Italia puritana
“Non sono articoli giornalistici di cronaca ma veri e propri saggi letterari”, scrive il giudice. Ecco l’ordinanza sulla causa che ci fecero per aver azzannato l’Italia moralista e bigotta
TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA - Prima Sezione Civile
Il Tribunale, in persona del giudice istruttore, nel procedimento ex art. 702bis cpc n. 4550/2015 Ruolo Generale promosso da: -TURRI GIULIA e DE CRISTOFARO ORSOLA
contro
-IL FOGLIO quotidiano società cooperativa, FERRARA GIULIANO, SILVA UMBERTO e SECHI MARIO
a scioglimento della riserva, ha emesso la seguente ordinanza:
viste le conclusioni della parti;
viste ed esaminati gli atti;
rilevato che il giornale quotidiano “IL FOGLIO” in data 25 giugno 2013 titolava in prima pagina a caratteri cubitali “SIAMO TUTTI PUTTANE” cui seguiva il sottotitolo “Roma Piazza Farnese ore 19. No all’ingiustizia puritana” e quindi un lungo editoriale senza firma ma contrassegnato da un elefantino riconducibile all’allora direttore Giuliano Ferrara, cui seguivano a pag. 2 e a pag. 3 un ulteriore articolo dal titolo “Il cavaliere negro” a firma Umberto Silva e un altro articolo dal titolo “La vittima non c’è il colpevole sì” a firma Mario Sechi, articoli poi riportati tutti anche nel sito internet “ilfoglio.it”;
rilevato che in data 22 novembre 2013 sempre su “IL FOGLIO” veniva pubblicato in prima un altro articolo senza firma dal titolo “L’ultimo patibolo” e ancora in data 30 novembre 2013 sempre su “IL FOGLIO” in prima pagina un articolo senza firma ma contrassegnato da un elefantino riconducibile all’allora direttore Giuliano Ferrara dal titolo “Ruby, il comune senso del pudore e un rito inquisitorio che non lascia scampo. Aspettando il grande arresto” seguito dal seguente sommario: “Tutto è pronto per il gigantesco rogo simbolico di una compagnia di giocherelloni irresponsabili, che non sapevano di vivere in una Repubblica Talebana d’Europa” articoli poi riportati tutti anche nel sito internet “ilfoglio.it”;
rilevato infine che in data 25 giugno 2013 il giornale quotidiano “Il Messaggero” pubblicava a pag. 4 un’intervista a Giuliano Ferrara con il titolo “Ferrara:tutti in piazza a Roma contro una pronuncia inumana”;
"L'attacco ai magistrati è palesemente strumentale ed i toni paradossali e volutamente esagerati, quasi pantagruelici"
rilevato che detti articoli e interventi si riferiscono tutti alla nota sentenza emessa dalla IV sezione penale del Tribunale di Milano (presidente Giulia Turri e magistrati a latere Orsola De Cristofaro e Carmela D’Elia) con cui Silvio Berlusconi era stato condannato a sette anni di reclusione per i reati di prostituzione minorile e concussione;
rilevato che è ormai pacifico in dottrina e giurisprudenza che tanto il diritto di cronaca quanto il diritto di critica sono soggetti a limiti ben definiti ossia la veridicità del fatto su cui viene espresso un giudizio, la rilevanza pubblica del fatto e la continenza delle espressioni utilizzate (cfr. Cass.n. 2788/2015, Cass. n. 841/2015);
rilevato che secondo la giurisprudenza di legittimità poi “trascende il diritto di critica l’aggressione del contraddittore, sebbene compiuta in clima di accesa polemica, risoltasi nell’accusa di perpetrazione di veri e propri delitti o di condotte comunque infamanti, in rapporto alla dimensione personale, sociale o professionale del destinatario” (cfr. Cass.n. 15112/2013) e ancora “l’attribuzione ad un magistrato di comportamenti sleali e incompatibili con la sua funzione, vale a dire il perseguimento dell’obiettivo di governare il Paese portando avanti una guerra contro il Presidente del Consiglio, comportava la negazione dello stesso ruolo istituzionale assegnato al magistrato, colpendo la persona/magistrato e negando la sua identità professionale, con aggravamento del pregiudizio sofferto” (cfr. Cass. n. 5383/2013);
La causa era stata intentata 15 mesi fa. A difendere il Foglio gli avvocati Grazia Volo e Anna Sistopaoli
ritenuto che gli articoli e gli interventi per cui è causa – pur essendo usate espressioni molto forti e financo volgari – non contengono un’offesa personale e diretta ai giudici che hanno emesso la sentenza – nel senso richiesto dalla giurisprudenza sopra richiamata – in quanto l’attacco ai magistrati è palesemente strumentale ed i toni paradossali e volutamente esagerati, quasi pantagruelici, sono piuttosto espressione di un vero e proprio esercizio letterario sul modello dell’invettiva dantesca il cui archetipo insuperabile “Ahi serva Italia… non donna di province, ma bordello” non a caso riporta termini che ritornano anche negli articoli sopra citati;
ritenuto in altre parole che siamo di fronte non ad articoli giornalistici di cronaca ma a dei veri e proprio saggi letterari che come tali vengono visti ed apprezzati dai lettori de IL FOGLIO;
ritenuto in particolare che l’articolo comparso su “IL FOGLIO” in data 25 giugno 2013 in prima pagina con il titolo a caratteri cubitali “SIAMO TUTTI PUTTANE” cui seguiva il sottotitolo “Roma Piazza Farnese ore 19. No all’ingiustizia puritana” e quindi un lungo editoriale senza firma ma contrassegnato da un elefantino riconducibile all’allora direttore Giuliano Ferrara appare espressione del citato genere letterario dell’inventiva, tant’è che il richiamo alla sentenza appare l’occasione strumentale per inveire contro il “paese puttaniere” che sfoga la “volontà di gogna e di ingiustizia” contro il buon uomo Berlusconi, così come il successivo articolo di Silva in cui con immagini, anche qua quasi dantesche, scrive di un demonio che nei confronti dei giudici “li gonfia, li eccita, li pungola e li fa debordare…”;
"Gli articoli e interventi non integrano i presupposti della diffamazione apparendo piuttosto espressione letteraria fantastica"
ritenuto che ugualmente con l’articolo senza firma pubblicato sempre su “IL FOGLIO” in data 22 novembre 2013 dal titolo “L’ultimo patibolo” con termini come “l’invereconda verecondia” e “l’immaginario erotico guardonistico della Corte di Milano”, così come con quello pubblicato sempre su “IL FOGLIO” in data 30 novembre 2013 senza firma ma contrassegnato da un elefantino riconducibile all’allora direttore Giuliano Ferrara dal titolo “Ruby, il comune senso del pudore e un rito inquisitorio che non lascia scampo. Aspettando il grande arresto” seguito dal sommario “Tutto è pronto per il gigantesco rogo simbolico di una compagnia di giocherelloni irresponsabili, che non sapevano di vivere in una Repubblica Talebana d’Europa” così come l’intervista a Giuliano Ferrara pubblicata in data 25 giugno 2013 sul giornale “Il Messaggero” con il titolo “Ferrara: tutti in piazza a Roma contro una pronuncia inumana” si torna al genere letterario dell’invettiva esagerata, provocatrice, paradossale al punto da rendere quella che vorrebbe essere una spietata analisi della realtà, una costruzione letteraria fantastica “… ti condanno per prostituzione senza nemmeno avere la prova di atti sessuali, espongo al ludibrio guardone dell’opinione pubblica le ragazze e la loro ‘furbizia orientale’ di puttane e poi ti accuso di averle pagate perché esplicitamente in dichiarazioni pubbliche tu stesso hai riconosciuto tuo dovere proteggerle disponendo del tuo patrimonio e delle tue risorse…” e “… l’attacco o meglio la vendetta strategica ventennale di classe dirigenti di establishment che si sono affidate al diritto di ferro e fuoco… fino alla criminalizzazione dell’uso del proprio corpo da parte delle donne e del denaro come sterco del demonio” con il finale del “tribunale speciale per il comune senso del pudore”;
ritenuto perciò che detti articoli e interventi non integrano i presupposti della diffamazione apparendo piuttosto espressione letteraria fantastica solo occasionalmente collegata con il fatto del noto processo;
ritenuto quanto all’altro articolo dal titolo “La vittima non c’è il colpevole sì” a firma Mario Sechi in cui si legge che “per terra ci sono i cocci di una magistratura prigioniera del correntismo a senso unico e di un autogoverno ad uso della casta…”, che più che un attacco diffamatorio ai giudici di quel processo appare piuttosto espressione del noto orientamento espresso da quella parte politica che vede nella magistratura il “nemico” che impedisce le magnifiche sorti progressive dei loro sodali, orientamento senz’altro parziale ed opinabile (si pensi solo alla frase in cui stigmatizza il “correntismo a senso unico” quasi che invece il “correntismo a senso alternato” fosse un bene!) ma che di per sé non è diffamatorio;
ritenuto perciò che gli articoli e gli interventi sopra citati non integrino per i motivi indicati i presupposti della diffamazione, ne consegue che la domanda proposta dalle ricorrenti va rigettata mentre le spese di causa, considerata la natura della controversia e la novità della questuane trattata, possono essere integralmente compensate;
P.Q.M.
Il Tribunale, rigetta la domanda proposta da TURRI GIULIA e DE CRISTOFARO ORSOLA contro IL FOGLIO quotidiano società cooperativa, FERRARA GIULIANO, SILVA UMBERTO e SECHI MARIO, spese compensate.
Si comunichi
Brescia 2 agosto 2017
(ordinanza firmata dal dott. Gianni Sabbadini, presidente della sezione Civile del tribunale di Brescia)