Dibattimento in riva al mare sulle follie mediatico-giudiziarie
Dal caso Bossetti alle storture di Mafia Capitale. I danni dell’obbligatorietà dell’azione penale e delle correnti (con un accorato appello finale al ministro Orlando)
Amici da sempre e tutti più o meno giuristi, il più barbogio del gruppo è il dottor Saiello, vecchio procuratore della Repubblica ora in pensione; il bamboccione di appena 65 anni è l’avvocato Nobilione emerito penalista. Temevamo che venti giorni di questa vita scioperata fossero troppi e sarebbero divenuti insopportabili nonostante la gradevolezza di un fresco zefiretto costante quasi di primavera, dell’accarezzante sciabordio sulla battigia e della unica fila di ombrelloni su di una spiaggia dorata, quasi deserta e a due passi da Venezia per il girovagare serale. Invece un vero paradiso terrestre e niente noia, soprattutto grazie al fatto che tutti i giorni dopo la lettura dei giornali e tra un caffè e l’altro avvampano tra noi sei discussioni e sfruculiamenti che qualche volta ci fanno addirittura ritardare il pranzo. Il procuratore Saiello beato lui – si fa per dire – soffre d’insonnia, credo che passi tutte le notti in attesa dell’alba. Al nostro arrivo in spiaggia ha sempre già in testa una completissima rassegna stampa che gli consente di chiederci, vispo e sornione come un grillo parlante: “Birbantelli, l’avete letta l’ultima?”, sempre la solita frase, senza eccezione. E tra uno sfruculiamento e l’altro siamo ormai agli sgoccioli di queste belle vacanze.
Alfredo Romeo “lapidato dal solito processo mediatico impastato di indagini preliminari di polizia giudiziaria solo verificazioniste”
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima?”, e via con le nuove indagini sul “mostro di Firenze”, non lo si è mai visto così incavolato e urlante, due gabbiani hanno preso il volo spaventati. “Ma lo percepite il livello di bizzarria? quando qualche anno fa assolsero l’ultimo degli imputati del grande calderone di San Casciano, il farmacista Calamandrei, pensai che l’immensa commedia giudiziaria fosse finalmente finita, anche perché la procura si guardò bene dall’appellare la sentenza. Invece no, a 50 anni dal primo omicidio oggi estraggono dal cappello due quasi 90enni con nome e cognome e li danno in uso al tritacarne mediatico – sarei curioso di conoscere chi ha passato le veline - quando sono appena in fase di indagini preliminari, preliminari a cosa mi vien da chiedermi?! Fate i calcoli, età media della popolazione mondiale da una parte, durata media dei procedimenti italiani dall’altra e ditemi se come e quando quei due indagati potrebbero dimostrare la loro eventuale innocenza e levarsi l’onta di dosso, anche o soprattutto a beneficio dei famigliari. Per chi investiga ultraottantenni rischio di figuracce ridotto all’osso, è proprio una pacchia. Eppure mi insegnavano che, per mera etica processuale, quando si inizia un’indagine più sono anziani gli indagati più devono essere schiaccianti le prove Come non bastasse uno dei due dovrebbe apparire, ad occhio appena esperto, come spot pubblicitario dei tanti istrioni giudiziari, quelli che pur di apparire sui media assecondano senza scrupoli il minimo refolo suggestivo degli inquirenti, meglio di uno spinnaker. Non occorre essere aquile per sapere come verosimilmente andrà a finire: pubblicità mediatica per gli inquirenti, reato estinto ex artt. 150 o 171 cp ( interessati, fate le corna ), e chi si è visto si è visto! E per far questo pare sia stato necessario affastellare – in buona fede s’intende, ma ciò malgrado il fatto deve ingenerare preoccupazioni per le esperienze di un passato non remotissimo – mostri, P2, servizi segreti deviati e non, addirittura romanzieri, facoltà di criminologia, eversione di destra e criminalità organizzata e non. E, almeno per quanto dicono i media ma non ci voglio credere, la base indiziaria sarebbe costituita per uno dall’essere stato di casa nella stessa strada di persona già indagata e poi prosciolta per i delitti del mostro e di essere nato nello stesso paese del Pacciani, per l’altro di essere stato indicato dal primo quale compagno di passeggiata, e non di merende sia chiaro, nel curiosare in una località teatro di uno dei delitti, per l’appunto vicina alle loro abitazioni. Incredibile, come volpacchiotti sarebbero riusciti per 50 anni a sottrarsi alle indagini per poi darsi la zappa sui piedi aprendo bocca e lasciando andare come allocchi” . Approvando lo sfogo con ciondolii del capo più o meno scricchiolanti data l’età ci siamo chiesti, tutti, cosa resterebbe di questo bailamme se le prove venissero acquisite nella dialettica dibattimentale di un processo realmente accusatorio ed a carriere separate.
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima?”, e via con le nuove indagini sul “Mostro di Firenze”, non lo si è mai visto così incavolato
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima, a proposito della via di Damasco?”, e via con la sentenza di Mafia Capitale
Stando così le cose, è ragionevole scomodare Ovidio e le sue “Metamorfosi” per dire che la mafia è cambiata ma è sempre mafia?
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima, sull’atto di fede?”, e via con il Bossetti e la conferma dell’ergastolo in appello. Processo difficilissimo, sostanzialmente un’unica colonna portante costituita da un ago trovato nel pagliaio, ossia un Dna non solo tra alcuni scienziati controverso quanto a valenza del rapporto tra nucleare e mitocondriale ma, come non bastasse, testato solo dal Ris con atto già allora prevedibilmente irripetibile – per via di quantità e stato di conservazione – e quando l’indagato era un altro, successivamente scagionato, e dunque senza che Bossetti e la sua difesa abbiano mai potuto interloquire dialetticamente con i consulenti tecnici. Processo singolarissimo se si tiene conto che la richiesta centrale dell’impugnante si riferiva ad un approfondimento tecnico – financo “storico” nel caso di esaurimento del reperto - che in un garantito contraddittorio potesse far chiarezza su codeste diffuse perplessità e non si riferiva invece, come solitamente avviene, ad una diversa lettura del compendio probatorio già acquisito.
Se venisse riconsiderata la simpatica facezia dell’obbligatorietà dell’azione penale, mai e poi mai applicata…
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima, sull’atto di fede?”, e via con il Bossetti e la conferma dell’ergastolo in appello
Dove finiranno l’immediatezza, l’oralità e la concentrazione del dibattimento volute dal codice? e dove finirà la vicinanza difensiva?
Ci pare domanda oziosa, assentiamo tutti ciondolando la testa. “Figli miei, siete proprio dei grandi pirla! Perché la riforma ha compresso un bel niente ma anzi ha concesso ai pm alcuni mesi per decidere mentre finora avrebbero dovuto decidere subito, appena finite le indagini! E le proteste hanno solo finto di prendere al balzo una palla inesistente. Insomma tanto rumore per nulla. Perché da 30 anni era già prevista l’avocazione da parte del procuratore generale in caso di inerzia del pm, andatevi a rileggere l’art. 412 cpp brutti ignorantoni! Solo che le procure generali per 30 anni hanno sempre risposto picche motivando con l’insufficienza dei loro organici e così continueranno giustamente a fare per l’eternità, anzi fino a quando non verrà rimodulata la carriera requirente! Avete capito perché si scomoda sempre il gattopardo? E voi non sghignazzate, pischellucci miei ”. Un po’ abbacchiati siamo andati a prenderci un caffè.
Ci siamo ricordati di quel Jack Ruby che si vide annullare la sentenza perché che il primo interrogante si era dimenticato…
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima, sulla contrizione?”, e via con l’assoluzione di Daniela Poggiali. “Incredibile!” Saiello esordisce sbracciandosi negli urli, “ancora una vittima della centralità del processo mediatico, centralità non del dibattimento – come vorrebbe il codice – ma delle indagini preliminari, per di più strombazzate ai quattro venti”. “Mi scusi eccellenza” lo interrompe Nobilione, “ma lei non può dimenticare quelle foto raccapriccianti, l’infermiera con sorriso divertito accanto al povero cadavere, le abbiamo viste su tutti i giornali ed hanno fatto male a tanta gente”. “Avvocato, che cavolo dice? è proprio questo il punto, vada a leggersi Il processo emotivo, è uscito da poco! o forse vuol punire con l’ergastolo imbecillità cattivo gusto ed immoralità? Le sfugge che è la solita maledetta sequenza: apertura delle indagini, veline con foto ai media, prime pagine e talk show, conseguente presunzione di colpevolezza, pressione di un’opinione pubblica sempre più indignata ed ergastolo come atto dovuto? Anche in questo caso probabilmente ha colpito la solidarietà di carriera, mettetevi nei panni dei giudici e ditemi se vi sarebbe parso facile smentire il collega requirente che, sostenuto da media ed opinione pubblica contro quelle immagini immonde, nelle indagini ha investito la propria figura professionale. Per fortuna qualche volta c’è un giudice a Berlino! Arrestata tre anni fa, condannata all’ergastolo l’anno scorso, in luglio la Poggiali è stata assolta dalla Corte d’Appello di Bologna perché il fatto non sussiste! E probabilmente accadrà la stessa cosa – ossia tanto rumore per nulla – all’altra infermiera, la Bonino, che additata a furor di popolo come serial killer di 14 persone, destreggiandosi tra pronunce giudiziarie tra loro contraddittorie sta attendendo nella sua casetta una risposta definitiva. Serial killer 14 volte ma solo prudenti arresti domiciliari, volete scommettere che prevedono una conclusione assolutoria? Capito avvocato Nobilione?” ha concluso in falsetto risprofondando nella sdraio, senza accorgersi che il bimbo sta ancora piangendo.
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima sulle prove di laboratorio?”, e via con la storia della confisca antimafia allargata anche alla persona indagata per un solo reato contro la pubblica amministrazione. “Siamo alla frutta” scandisce Saiello”, anzi al minestrone; quantomeno sospetti di irragionevolezza e incostituzionalità e contrasto con le linee di Strasburgo ma i nostri giustizialisti insistono e pretendono la norma che, poche storie e subito e a prescindere, sulla presunta coincidenza dei due fenomeni assicuri le stesse armi a chi lotta contro mafia o corruzione. E dunque confisca antimafia allargata, e dunque niente indugi perché viviamo nell’emergenza, e dunque gettiamo il cuore oltre l’ostacolo e chi si è visto si è visto. Perché – hanno detto fior di figure istituzionali – se con il tempo la norma risultasse sproporzionata irragionevole incoerente con i principi fondamentali, potrà con tutta calma essere reinterpretata e rispecificata dalle supreme corti. Ohibò – è insorto il sommo professore Fiandaca – ma così la funzione legiferante verrebbe ad essere esercitata di fatto dal potere giudiziario! Sì, illustre professore Fiandaca – gli rispondo – è una proposta scandalosa sia di per sé, alla luce dei suoi rilievi, sia in quanto proveniente da giuristi tanto importanti. Ma mi consenta di aggiungere al suo un altro ohibò: codesti giuristi con codesta proposta in effetti programmano una sperimentazione di laboratorio su cavie, ossia su cittadini cornuti e mazziati nell’attesa che con tutta calma si reinterpreti e si rispecifichi… nel frattempo sotto a chi tocca. Il che la dice lunga su quanto vengano tenuti in considerazione i nostri diritti”. Questa volta il procuratore ci è parso commosso, verosimilmente per la nobiltà del suo dire, ed a noi sono venuti i lucciconi.
“Birbantelli, l’avete letta l’ultima sul colpo di scena?”, e via con la storia di Davigo e Mirenda e l’ispettore generale. “Troppo divertente, meglio di una commedia di Aristofane, da anni declamano che gli inciuci correntizi appartengono ormai al passato e invece scoppiano i tricchi-tracchi: Davigo che, furente per le alchimie correntizie in vista della nomina del procuratore di Napoli, addirittura si dimette dalla giunta Anm; il giudice Andrea Mirenda che a Verona rinuncia a un posto semidirettivo di prestigio per protestare contro il meccanismo che regola le carriere dei magistrati, un carrierismo sfrenato, arbitrario e lottizzatorio che premia i sodali, asserve i magistrati alle correnti, umilia la stragrande maggioranza degli esclusi; l’ex capo dell’ispettorato generale della magistratura – funzione con panoramica la più vasta e penetrante - che ha recentemente tuonato sui giornali contro il sistema correntizio che opera all’interno del Csm… e che inquina il principio stesso dell’indipendenza dei magistrati… criterio della spartizione tra correnti… che si sono trasformate in veri e propri centri di potere… con nefasta incidenza anche in sede disciplinare. Perbacco, cosa avete da dire birbantelli?”. Un attimo di silenzio e poi un coro assolutamente spontaneo: “Ma davvero non si rendono conto che il sorteggio dei consiglieri del Csm è l’unico sistema possibile per assicurare libertà ed indipendenza dei magistrati? Lo sono o lo fanno?”. Siamo andati a prendere un caffè.
Domani si parte. Ieri sera abbiamo scritto per il signor ministro la seguente bella letterina sulla separazione delle carriere, la spedirò da casa: “Eccellenza, la separazione delle carriere è condizione necessaria per qualsiasi riforma della giustizia ma le opposizioni continuano ad essere tante. Se ha dubbi consideri l’ultimo boicottaggio: la raccolta di firme avviata a tal proposito dall’Unione camere penali– per una proposta di legge costituzionale a iniziativa popolare – è in corso da mesi e terminerà intorno alla metà di ottobre, ma nessuno ne parla nonostante il successo, già più di 60 mila firme. E’ come se la notizia fosse coperta dal segreto di stato. Con il vigente processo penale tendenzialmente accusatorio la carriera unica ormai è indifendibile e, prima o dopo, saremo costretti a separarla. Lei ben sa che con l’attuale carriera unica il magistrato riassume necessariamente in sé due professionalità specialistiche, quella giudicante e quella requirente; quasi come succedeva una volta con il pretore e come non accade nel resto del mondo. Ben sa che nel nostro paese il processo penale è di durata irragionevole, assolutamente stravolto e diverso da quello immaginato dal legislatore del 1988. Il più delle volte smaccatamente centrato, anzi sempre più centrato – chi osa ormai mettere in dubbio il cd principio di non dispersione dei mezzi di prova?! – non sul dibattimento ma su indagini preliminari di polizia, cioè su qualcosa di non efficacemente controllato ( quantomeno per via della sproporzione tra apparati di polizia e strutture requirenti) né dialetticamente controllabile per via della fase preliminare in cui vengono svolte. Indagini di polizia giudiziaria, a strascico e che possono durare anni, troppo spesso svolte su deleghe in bianco o deleghe preconfezionate e dense di intercettazioni anch’esse troppo spesso inutilizzabili per carenza di presupposti (ad esempio i termini previsti dagli artt. 267 e 405 cpp spesso vengono semplicemente ignorati, tamquam non essent; ha avuto tempo per leggere cosa scrive la Cassazione nella sentenza 1203 del 13 giugno 2017 a proposito di un procedimento collegato alla vicenda Consip?) ma ciononostante lette e diffuse. Il che vuol dire che di fatto vengono acquisite cosiddette prove in tutta segretezza – perché, come è noto, con il vigente codice i soggetti processuali devono essere avvertiti solo a conclusione delle indagini (art. 415 bis cpp) e non “sin dal primo atto di istruzione” come invece era prima previsto dall’abrogato art. 304 cpp- e dunque il più delle volte senza la garanzia della presenza difensiva. Cosiddette prove che prove non sono ma che, malgrado ciò, diventano fatti compiuti; nel concreto acquisite da chi al massimo ne dovrebbe individuare le fonti per futura escussione e laddove l’ attività investigativa dovrebbe viceversa limitarsi al minimo necessario per decidere su cosa optare, se chiedere l’archiviazione o piuttosto il processo per la loro successiva e retta formazione nella dialettica dibattimentale. Cosiddette prove “generate” da chi non è sottoposto all’obbligo – previsto come lei sa dall’art. 358 cpp per il solo pubblico ministero – di svolgere e conseguentemente indirizzare gli accertamenti anche su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini; generate da chi non ha titolo né professionalità prognostica per chiudere le indagini allorché, ai sensi dell’art. 125 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, “gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Con la conseguenza di troppi errori giudiziari e troppe ingiuste detenzioni, ne son piene le cronache da sempre, dopo arresti e vie crucis vergognosamente mediatizzati per anni. Lei ben sa che la causa di simile pernicioso guazzabuglio processuale ha radici solo e soltanto nell’unicità indifferenziata delle carriere giudicanti e requirenti, ossia in una quotidiana contiguità ed in una leale solidarietà di appartenenza ad uno stesso sistema e ad una stessa immagine che, non raramente, per mancanza di un’ effettiva terzietà rendono insufficiente qualsiasi efficace controllo giurisdizionale. Separazione che, a dir il vero, del processo accusatorio 1988 non poteva che apparire fin dall’inizio ovvio corollario, ma allora ci si limitò invece, incredibilmente, ad un piccolo trasloco di mobilia. A far discendere il banco dell’accusa dalla pedana del… presbiterio per collocarlo accanto a quello della difesa, con tutto il resto come prima. Lei ben sa che già 70 anni fa, nell’Assemblea costituente 1947, il problema della separazione delle carriera venne ravvisato (nonostante che il processo accusatorio allora fosse solo in mente Dei) ma rinviato per la soluzione alla ritenuta imminente modifica – così disse incautamente il ministro Guardiasigilli Grassi – dell’ordinamento giudiziario (tuttora fantasma). Lei ben sa che già quasi 30 anni fa Giovanni Falcone ebbe a rilevare l’esiziale incongruenza di un giudice-arbitro “parente” dell’investigatore ma non del difensore; e che da anni gli avvocati penalisti chiedono vibratamente, anche con astensioni di protesta, che si dia esecuzione a detta riforma strutturale, affinché possa finalmente realizzarsi un giusto processo che, in tempi ragionevoli, pervenga ad un giudicato utile anche ai fini della rieducazione prevista dall’art. 27 Costituzione e metta così fine ad un andazzo fondato su emergenza, cautelare, misure di prevenzione e così via. Lei ben sa che la solita solfa di preoccupazioni per l’indipendenza del pm non ha senso, basta rilevare che la proposta di legge costituzionale prevede congrua autotutela mediante un apposito Consiglio superiore della magistratura requirente e che nei paesi con carriere separate – vedi ad esempio Germania, Portogallo, Svezia – autonomia e indipendenza delle procure sono rimaste sempre indubbie in quanto considerate irrinunciabili precondizioni di una giustizia civile e moderna. Come non ha senso insinuare che pm ed avvocato non sarebbero parti stricto sensu contrapposte e contrapponibili, visto che il pm – a differenza dell’avvocato e non solo in forza dell’art. 358 cpp – con la sua cultura di giurisdizione tutelerebbe un preminente interesse pubblico (tutore, assieme al giudice… di tutto ciò che è bene e giusto???) . Che c’entra con la separazione delle carriere? Chi non vede che quella del pm deve essere cultura di legalità e non di giurisdizione? Sarebbero inseparabili come i pappagallini perché entrambi tutori del bene pubblico? E forse, vista la presenza di una parte pubblica, diverrebbe inutile il contraddittorio? E’ argomentazione conferente e condivisibile? Può sfuggire che la dialettica procedimentale attiene non solo alle escussioni più o meno incrociate ma, proprio e soprattutto, al confronto di diverse culture, diversi punti di vista, appartenenze, istanze morali, interessi, saperi etc etc e che l’art. 358cpp. Attiene solo all’insondabile e dunque incontrollabile foro interno della coscienza del magistrato e non all’organizzazione ordinamentale di un qualsivoglia processo accusatorio ? E poi ci vuole davvero coraggio ed inverecondia per restare impassibili di fronte ad un sistema giustizia rampognato ogni giorno dalla CEDU e che oggi, per normative spesso insipienti ed insufficienza di risorse, versa nel nostro paese - nonostante la quotidiana abnegazione della stragrande maggioranza dei magistrati – quasi in stato di decozione: incapacità di prognosi per difetto di specializzazione, arretrato con pendenze ingovernabili, fuochi di paglia di crocifiggenti processi mediatici conclusi dopo anni a luci spente (con complicante e rischioso spostamento della dialettica… le difese si aggiornano… dall’aula all’ambito mediatico ) , etc etc etc… E lei ben sa che anche nell’auspicata ipotesi di una separazione sarebbero necessari comunque molti anni per modificare l’attuale cultura inquisitoria mentre nella denegata ed opposta ipotesi che nulla cambiasse, che lei non si attivasse, che la proposta di legge costituzionale fallisse, per molte generazioni non resterebbe che un rassegnato silenzio davanti ad una custodia cautelare disposta domattina sulla base di una disinvolta intuizione o denuncia o parola intercettata (succede), davanti a un’interminabile indagine/spada di Damocle fondata solo sull’uzzolo di un investigatore creativo ( è successo), o a un provvedimento restrittivo in concreto solo controfirmato dallo stimato collega gip (è successo) e con interrogatorio di garanzia condotto dal solo sodale pm alla presenza d un convitato di pietra (è successo). Lei ben sa, signor ministro, che la lentezza e l’inefficienza del procedimento non solo negano giustizia quando essa è necessaria ne cives ad arma ruant, non solo sovente massacrano la vita delle persone ma, non è di poco conto, rendono anche ineffettivo un principio di vita basilare, quello del “chi sbaglia paga”. Con il risultato di dare invece effettività al malsano e contrario principio che sbagliare, ossia delinquere, paga ossia rende. Insomma chi delinque guadagna. Con la sperimentata conseguenza che per chi legifera si rendono necessarie cautele sempre più sofisticate e zeppe di controlli autorizzazioni concessioni pareri concerti permessi che purtroppo hanno un solo effetto, in aggiunta a quello di bloccare ancor più la macchina statale : fomentano la corruzione perché gli ingranaggi da lubrificare sono moltiplicati… e l’arretrato della giustizia aumenta ancora, a meno che non si cambi. E allora, signor ministro, cerchi di entrare nella storia giocando d’anticipo. Perché con una criminalità sempre più sofisticata ed organizzata in un mondo sempre più piccolo e globalizzato sarà ineluttabile l’allineamento. Avrà sicuramente già pensato alle pressanti richieste internazionali di coordinamento di intelligence e di una procura europea, alla direttiva 41/2014 ed all’ottimizzazione delle indagini europee secondo il decreto legislativo 108/2017, alle istanze per un ufficio di accusa distrettuale, insomma al trend verso l’ accorpamento e la sovranazionalità. Tutto incompatibile con un pm provinciale e non specializzato, come non bastasse parente del giudice. Giochi d’anticipo signor ministro, ci dia retta”.
Domani abbiamo il treno alle 8 del mattino.