Caso Consip, Ultimo non è un eroe
Chi è il carabiniere che è passato dalle indagini alla forzatura delle indagini. Con vista sulla politica. Una storia italiana, una congiura dei buoni che sembra un vecchio golpe
Chiedersi, come hanno fatto ieri molti dirigenti del Pd, chi siano i “mandanti” dei carabinieri del “capitano Ultimo” che offrivano alla procura di Modena la loro capacità di incastrare il presidente del Consiglio – e per lo stesso scopo hanno poi effettivamente passato carte taroccate ad altre procure, alcune delle quali se ne sono accorte e altre no – chiedere su tutto questo i nomi dei burattinai, può essere fuorviante e forse inutile. La richiesta dei dem sarà anche una mossa obbligata, ma proprio questo rivela il suo limite perché seguirebbe uno schema tanto antico da essere forse non più utile a capire. La rituale domanda “Chi c’è dietro?” è schema vecchio come la politica, dunque per certi versi inossidabile, eppure in alcuni momenti non utilizzabile e questo che viviamo potrebbe essere proprio uno di quei momenti. Il mandante, o meglio la causa di quello che stiamo vedendo potrebbe essere null’altro che lo spirito del tempo. Come spiegare altrimenti la parabola del colonnello Sergio De Caprio, l’uomo che ha catturato in una piazza di Palermo Totò Riina dopo una lunga e complessa indagine, talvolta oscura come si conviene a una caccia di questo tipo? Oggi De Caprio rilascia dichiarazioni in cui assicura il governo che i suoi carabinieri non progettano alcun golpe perché non hanno obiettivi politici. Piuttosto sono loro, sostiene il colonnello, “i politici” ad avere materializzato un colpo di stato lasciando “il popolo” senza casa e senza lavoro. Sarebbe però un errore confonderlo con un Pappalardo qualsiasi. De Caprio parla come Otelo De Carvalho nella Lisbona degli anni 70 e forse ha sempre pensato che il gruppo Crimor del Ros e poi il Noe dell’Arma fossero reincarnazioni del mitico Copcon portoghese. L’equivoco, chiamiamolo così, sta probabilmente in questi termini e la differenza con la realtà è imbarazzante perché la storia, al di là delle intenzioni, non è quella di un militare romantico al servizio del popolo. E’ una storia che va letta in italiano e non in portoghese e che parla di continue forzature della procedura , fino a una torsione del metodo, effettivamente sostanzialista, del Ros che teneva molto in conto la propria autonomia nell’indagine ma certo non al punto di cambiarne l’oggetto. Ultimo fa questo nel racconto del procuratore capo di Modena. “Mi parsero due esagitati”, ha raccontato al Csm la dottoressa Lucia Musti a proposito di due diversi colloqui che ebbe in tempi diversi col colonnello De Caprio e il capitano Scafarto. La testimonianza di Musti può essere utile a mostrare un filo conduttore. Ultimo va da lei per le indagini sulla coop Cpl nate a Ischia e finite in parte a Modena. Negli atti c’era una telefonata di Matteo Renzi a un generale della Guardia di finanza, processualmente irrilevante ma politicamente ghiotta nel momento in cui Renzi è presidente del Consiglio. “Non ho mai parlato di Renzi al procuratore Musti” assicura De Caprio. Sicuramente non è il caso di Scafarto che la dottoressa incontrò sulla vicenda Consip per sentirsi annunciare “scoppierà un casino. Arriveremo a Renzi”. C’è uno spazio temporale fra i due episodi. Nell’indagine Consip Ultimo non è più il capo del Noe dal quale viene spostato dopo la storia della telefonata fra Renzi e il generale. Eppure i pm romani, indagando su Scafarto, trovano suoi messaggi in chat con colleghi del Noe in cui si parla dell’indagine Consip che svolgevano, a proposito della quale Scafarto scrive di riferire al “capo“»” all’Aise, il servizio segreto dove era approdato De Caprio, insieme a una decina dei “suoi”. In conclusione, bastano questi pochi elementi a definire questa storia come molto poco romantica e molto italiana. La scansione dei colloqui modenesi fa pensare a una caccia a Renzi con la determinazione che il Ros mise in quella a Riina. Solo che Renzi non era capo della mafia ma del governo. C’è poi il sospetto che Ultimo continuasse a dirigere, almeno sul caso Consip, il Noe pur essendo in forza ai servizi segreti, come fanno pensare le mail di Scafarto. Fosse vero bisognerebbe risalire ai tempi non di Otelo De Carvalho ma a quelli, più remoti e meno gloriosi, del generale De Lorenzo, che fece tutto da solo senza bisogno di mandanti. Oggi, invece delle trame del Sifar i tempi mostrano una sorta di “congiura dei buoni”. Ma sempre militari sono e peraltro in Portogallo Otelo finì in galera.
Massimo Bordin