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Consip e Cpl Concordia, "un complotto contro le istituzioni”

Salvatore Merlo

“Tutti dovrebbero essere responsabili dei loro atti. Anche i pm”, ci dice Piero Fassino

Roma. “Se non vi piace la parola complotto, che pure è calzante, diciamo che è una trama”, dice Piero Fassino. “Le dichiarazioni del procuratore Lucia Musti al Csm non lasciano margini a equivoci né a interpretazioni, tanto è vero che il contenuto di queste sue dichiarazioni è stato inviato alla procura di Roma per valutare se non ci siano ulteriori elementi di reato a carico di chi è già indagato. Ci sono delle persone che hanno depistato le indagini, indirizzandole verso il presidente del Consiglio e la sua famiglia. Come si definisce questo in italiano?”. Complotto, dice Fassino. Trama. “Adesso attendiamo l’accertamento rigoroso di cosa sia accaduto e quali siano le responsabilità. Fermo restando, ovviamente, che viviamo in uno stato di diritto, che le responsabilità sono individuali, e che dunque questi comportamenti gravissimi riguardano solo chi li ha commessi. E non l’Arma dei carabinieri, che è costituita da migliaia di persone che ogni giorno fanno il loro dovere con onestà e spirito di servizio”.

 

Tuttavia colpisce che Gianpaolo Scafarto, indagato, sia stato promosso maggiore. Dai vertici dell’Arma. “Non entro nel merito della promozione di Scafarto”, risponde Fassino. “Certo alla luce di quel che è accaduto qualche spiegazione andrà data. Diciamo che sarebbe utile sapere perché è stato promosso e sulla base di quali meriti. In Italia diciamo sempre che le promozioni non debbono essere automatiche, ma meritocratiche. Ebbene: quali sono i meriti di Scafarto?”.

 

Si parla d’intercettazioni contraffatte per mettere in mezzo Tiziano Renzi. La giustizia prima o poi stabilisce una sua verità, certo. Ma nel frattempo? “In poche ore abbiamo avuto, in questi giorni, la notizia dell’assoluzione di Clemente Mastella dopo nove anni e di Giorgio Orsoni, l’ex sindaco di Venezia. E in entrambi i casi quelle indagini portarono allo scioglimento degli organi di governo, a elezioni anticipate e al ribaltamento degli equilibri politici. Io sono stato ministro della Giustizia, e sono il primo a dire che l’azione della magistratura deve essere indipendente. E quando un magistrato ritiene di avere elementi per indagare è giusto e doveroso che lo faccia. Ma a maggior ragione è necessario che le indagini siano aperte sulla base di elementi sufficientemente fondati. Soprattutto quando si capisce che le conseguenze di quelle indagini vanno molto più in là delle responsabilità individuali dell’indagato. Ma investono le istituzioni”.

 


Piero Fassino (foto LaPresse)


 

Alcuni magistrati vanno avanti come elefanti nella cristalleria, poi si aggiungono i giornali e le tv. Così i processi si consumano in piazza, ancora prima di arrivare in Aula. “Da almeno venticinque anni, forse anche da prima, esiste un cortocircuito tra le indagini della magistratura e la pubblicità giornalistica delle indagini stesse. E’ un fenomeno che produce conseguenze sulle persone, e sulle istituzioni”, dice Fassino. Che aggiunge: “Giustamente a ciascuno di noi viene chiesto di essere responsabile dei propri atti. Ecco, credo che questo principio debba valere anche per i giornalisti e i magistrati”.

 

La politica usa le indagini come una clava da spezzare sulla schiena dell’avversario: i politici italiani, mediamente, sono garantisti con gli amici e giustizialisti con i nemici. “La Costituzione stabilisce il principio della presunzione d’innocenza. Ma questo principio si è rovesciato. Vige il principio della colpevolezza fino a prova contraria. Io dico che dobbiamo soltanto tornare alla Costituzione, che tiene insieme tre princìpi: indipendenza della magistratura, obbligatorietà dell’azione penale e presunzione d’innocenza”.

 

Ed è allora impossibile non chiederlo a Fassino; non crede che la sinistra, in questi anni, abbia qualche responsabilità nell’aver contribuito a diffondere una cultura delle tre narici? “Credo che l’intero sistema politico e mediatico porti questa responsabilità, e non mi pare addebitabile più di tanto a questa o a quella parte politica. Mi augurerei che le vicende di questi giorni convincessero a comportamenti più rispettosi delle persone e della Costituzione. Io ho guidato lo schieramento avversario a Berlusconi, e non ho mai usato le inchieste per sostenere la battaglia contro di lui. La politica è una cosa, la giustizia un’altra. Sovrapporle è un danno per entrambe”.

 

Basta la Costituzione, dice Fassino. Non serve una legge sulle intercettazioni? “Il problema delle intercettazioni non è lo strumento. Molti mafiosi, molti criminali, molti terroristi sono stati assicurati alla giustizia grazie alle intercettazioni. Il problema risiede nella loro divulgazione e nel loro utilizzo strumentale. Sui giornali abbiamo trovato intercettazioni persino quando non avevano nessun rilievo penale. Ancora una volta il problema è la responsabilità. Non c’è norma o legge che possa sostituire la responsabilità”.

 

Fassino difese l’ex sindaco Orsoni, adesso assolto. Da subito. “Ho sempre pensato che fosse una persona per bene, e mi fa piacere che sia stato riconosciuto”. Mastella non ricevette nessuna solidarietà dai colleghi di governo. “Non ricordo quel che accadde dieci anni fa, in ogni caso anche per Mastella doveva valere la presunzione d’innocenza”. C’è un diverso standard quando un politico è indagato? “Qualche anno fa, a Milano, furono mandati a processo dei medici d’una clinica in cui si facevano operazione fasulle. Ovviamente a nessuno venne in mente di dire che siccome c’erano dei medici felloni, allora tutti i medici erano felloni. Se invece un politico viene indagato, tutti i politici sono corrotti. Io rifiuto il doppio standard”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.