La tirata d'orecchi ai magistrati da parte del procuratore Fuzio
Cosa dice la relazione sull’amministrazione della giustizia presentata dal procuratore generale della Cassazione
Roma. Ci sono alcune righe della relazione sull’amministrazione della giustizia presentata dal procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario di dieci giorni fa, che sono state pressoché ignorate dalla stampa – forse perché nessun cronista si è preso la briga di leggere tutte le 203 pagine – ma che rappresentano un richiamo netto e deciso ai magistrati contro il loro protagonismo mediatico e, in alcuni casi, la loro resa allo strapotere della polizia giudiziaria nelle indagini.
Nella relazione, Fuzio parla di “rapporti patologici tra magistrati e forze dell’ordine”, di “appiattimento di qualche pubblico ministero poco diligente rispetto all’attività della polizia giudiziaria”, addirittura di “casi di ‘copia-incolla’, non solo di provvedimenti del gip rispetto alla richiesta del pubblico ministero, ma anche di richieste cautelari del pm rispetto al rapporto informativo della polizia giudiziaria”. Nel mirino di Fuzio c’è il “mancato esercizio dei poteri di direzione delle indagini preliminari”, e il pensiero del lettore non può non andare agli incredibili sviluppi dell’inchiesta Consip, condotta dai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, ma in cui a emergere – come schegge impazzite – sono stati soprattutto gli investigatori del Noe (Nucleo ecologico dei carabinieri). Risultato: informative taroccate per tirare in ballo il padre di Matteo Renzi e i servizi segreti, fughe di notizie, scontri istituzionali, procedimenti penali e disciplinari nei confronti sia dei pm che degli agenti del Noe, con conseguente sospensione dal servizio del capitano Giampaolo Scafarto e del vicecapitano Alessandro Sessa.
E’ stato proprio il predecessore di Fuzio alla procura generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, a chiedere al Csm di fissare un’udienza per il processo disciplinare a carico dei pm Woodcock e Carrano (si terrà il 19 febbraio), e ora anche il nuovo pg lancia un messaggio molto chiaro: “Il pubblico ministero, nelle indagini, non può farsi sostituire dalla polizia giudiziaria. Il pm ha non solo il diritto ma anche il dovere di effettuare un controllo penetrante sugli esiti degli accertamenti affidati alla polizia giudiziaria. E questo senza eccezioni”.
Sul fronte mediatico, Fuzio parla di “violazioni del dovere di riserbo da parte di magistrati”, ponendo l’attenzione su due “situazioni in cui è forte il pericolo di compromissione dell’immagine di imparzialità del magistrato”: le dichiarazioni che “possono classificarsi in senso lato come aventi contenuto ‘politico’”, e le “esternazioni consistenti nel sostenere pubblicamente le ragioni e la bontà delle indagini delle quali lo stesso magistrato dichiarante sia assegnatario”.
Sul primo punto Fuzio scrive senza mezzi termini che “le critiche politiche, le manifestazioni ideologiche, le dichiarazioni a commento delle iniziative del potere politico o governativo, pur se svolte in modo occasionale, possono creare un concreto pericolo di confusione dei ruoli, quello pubblico di magistrato e quello di cittadino, ed ingenerare così nella collettività il convincimento – non importa se erroneo – che l’attività istituzionale del magistrato sia stata condizionata, se non guidata, dalle opinioni personali”.
Anche il secondo caso, l’intervento pubblico della toga in difesa delle proprie indagini, presenta per Fuzio aspetti problematici, “per la possibilità che da tale condotta risulti condizionato, anche solo in forza di suggestioni morali o per l’autorevolezza del dichiarante o per l’eco mediatica di tali interventi, il giudizio di chi è chiamato a definire la sorte processuale di quella specifica indagine, con l’evidente rischio della compromissione – indiretta, ma proprio per questo tanto più incontrollabile – della libertà di giudizio e con essa della posizione di garanzia di cui i soggetti coinvolti dal processo, indagati o vittime, debbono fruire”.