Piano Scafarto
“Il caso Consip è stato un attacco alle istituzioni democratiche. C’è un silenzio inaccettabile”. Parla Zanda
Roma. “Giuliano Ferrara ha ragione a scandalizzarsi. Il silenzio della politica e dei media sulle deviazioni che stanno emergendo sul caso Consip è incomprensibile e inaccettabile. Ho presentato un’interrogazione al governo molto documentata sin dal 4 luglio scorso. E di interrogazioni, in questa legislatura, ne ho presentate pochissime. Il 15 settembre, poi, ho parlato di un ‘complotto’ nel quale erano coinvolti organi dello Stato. Reazioni? Nessuna”.
Dopo gli ultimi sviluppi giudiziari che vedono l’ex braccio destro del pm Henry John Woodcock e maggiore del Noe Gianpaolo Scafarto, già indagato per falso e depistaggio, accusato anche di rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato al Fatto quotidiano la notizia dell’indagine Consip, il tono di Luigi Zanda, capogruppo al Senato del Pd, è preoccupato. “Ma prima di parlare del caso Consip bisogna fare una precisazione – dice al Foglio – bisogna ricordare che l’Italia in questi anni ha dimostrato di avere forze di polizia di primissimo ordine, carabinieri, polizia, servizi segreti, guardia di finanza, persone di grande livello professionale e forte spirito democratico, che hanno collaborato in maniera leale con la magistratura e hanno avuto la stima dei governi sia di centrodestra che di centrosinistra”. E’ una premessa un po’ scontata. “Non so se sia scontata, ma è doveroso farla quando si parla di ‘mele marce’ e fedeltà istituzionale, di poche persone rispetto agli oltre 300 mila servitori dello stato”. Qual è il quadro che emerge da questa inchiesta sull'inchiesta? “E’ un quadro molto grave. Se tutto quello che stiamo apprendendo dai giornali risultasse vero, vuol dire che qualcuno ha complottato contro le istituzioni democratiche. E la cosa è particolarmente grave se il complotto è stato ordito da organi dello stato che hanno il dovere di tutelare le istituzioni”.
Ora per Scafarto alle accuse di depistaggio e di falsificazione delle intercettazioni al fine di incastrare Tiziano Renzi, si aggiunge una fuga di notizie che ha portato il caso Consip e i nomi degli indagati sulla prima pagina del Fatto. Questa accusa prima era stata indirizzata dai pm romani a Woodcock e alla giornalista Federica Sciarelli, ma poi è stata archiviata. In ogni caso le fughe di notizie non sono proprio una novità nel rapporto tra media e inquirenti, cosa c’è di nuovo e di diverso in questa storia? “Ufficiali dei carabinieri avrebbero consegnato informazioni secretate a un quotidiano, questo è un fatto grave che in questa inchiesta si aggiunge ad altri di maggiore gravità”, dice al Foglio il capogruppo dei senatori dem Luigi Zanda. “La procuratrice di Modena, che è entrata in contatto con questi medesimi soggetti, ha parlato di falsificazione di fatti giudiziari, la procura di Roma ha riscontrato delle falsificazioni durante le indagini e ipotizza un depistaggio. Nello stesso contesto un ufficiale di polizia giudiziaria avrebbe testimoniato il falso, negando di aver riferito dell’inchiesta a un suo superiore, e si è saputo, così si è scritto, che degli ufficiali avrebbero discusso tra loro sull’opportunità di mettere microspie per controllare il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette. Ci sono sempre ufficiali, sempre gli stessi, accusati di aver trasmesso atti coperti da segreto a dei loro amici in servizio all’Aise (i servizi segreti per l’estero, ndr)”.
Attentato alle istituzioni democratiche
C’è stata poi anche la consegna a un giornale, sempre lo stesso, di intercettazioni private. Quella tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il padre e quella, davvero singolare, tra l’indagato Tiziano Renzi e il suo legale. Ma nel complesso è una situazione diversa da tante altre che abbiamo visto in questi anni? “Mettendo in fila tutti questi fatti, il coinvolgimento di ufficiali di polizia e metodi illegittimi se non illegali, appare chiaro che è stato messo in atto un tentativo molto pericoloso di delegittimare e indebolire l’allora presidente del Consiglio, attentando direttamente o indirettamente alla sua credibilità e onorabilità. Sono comportamenti eversivi, si potrebbero definire attentati alle istituzioni democratiche”, dice Zanda.
E’ la descrizione di un piano eversivo, ma non pare che sia proprio questa la percezione dell’opinione pubblica. “E proprio questo mi sorprende. Mi stupisce che la reazione della politica e dei media non sia adeguata alla gravità dell’episodio, come se ci fosse una sottovalutazione di una vicenda che viene guardata solo nella sua dimensione penale. Insomma, tutto questo non fa scandalo, viene trattato come se fosse una cosa ordinaria”. E perché? “E’ qualcosa che mi costa fatica dire, ma penso che la sottovalutazione della gravità istituzionale di un episodio come questo sia il prodotto di una diminuita qualità della politica e di una involuzione dei media. Manca attenzione ai problemi dello Stato, c’è pochissima sensibilità istituzionale. Per esempio, mi ha sempre fatto una grande impressione che inchieste molto complesse venissero affidate in monopolio al Nucleo operativo ecologico dei carabinieri che, istituzionalmente, dovrebbe occuparsi di tutt’altro”.
L’indifferenza non dipende forse dalla naturale tendenza dei partiti ad approfittare delle disgrazie giudiziarie degli avversari politici? “Non è solo questo, c’è una distrazione generale, nemmeno dal mio partito sono venuti richiami consistenti e prese di posizione forti”. Per quale motivo? “C’è una crisi generale della democrazia rappresentativa che sta indebolendo il sistema democratico, c’è una distrazione su fenomeni e fatti rilevanti che mettono in gioco il prestigio delle istituzioni attraverso atti illeciti, falsi e infedeltà di pubblici ufficiali”. Venti o trent’anni fa il paese avrebbe reagito diversamente? “Sì, in altri tempi, con un altro personale politico e media più attenti agli aspetti fondamentali della vita democratica ci sarebbero state altre e ben più forti reazioni”.