“La giustizia non può rinunciare alla prescrizione”, dice Cantone
Parla il presidente dell’Anac: “Il problema in Italia sono i processi lunghi”. Idee per intervenire dove il meccanismo si inceppa
Roma. “La prescrizione è un istituto di garanzia, non si può rinunciarvi. Il problema della giustizia italiana sono i tempi lunghi dei processi, non della prescrizione”, a parlare è il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone. “Ha senso processare qualcuno per un fatto avvenuto vent’anni prima?”, è l’interrogativo che il magistrato pone. “Esiste il diritto all’oblio che trova fondamento nel diritto costituzionale della ragionevole durata del processo: una persona non può essere messa sotto processo per un presunto atto criminoso accaduto con una tale distanza temporale. Devi essere giudicato per quello che sei, non per la tua storia”.
Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, insiste sulla necessità di sospendere la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, sia in caso di condanna che di assoluzione. “Per paradosso, un sistema così congegnato produrrebbe processi infiniti. Oggi l’esistenza dei termini per la prescrizione è uno stimolo a fissare udienze ravvicinate, la loro abolizione diventerebbe l’alibi per non celebrare più i processi. La prescrizione è innanzitutto una questione organizzativa: bisogna capire dove e perché i processi muoiono”. Siamo all’eterno dilemma: ai tempi elefantiaci dei processi si rimedia con l’allungamento ipertrofico della prescrizione o accelerando l’attività degli uffici giudiziari? “Non ho dubbi circa la risposta – replica Cantone – Un paio di anni fa l’allora guardasigilli Orlando fece realizzare una mappatura dettagliata dei tempi medi di estinzione dei procedimenti per prescrizione. Dai risultati, venne fuori che, a parità di norme e risorse, anche a distanza di pochi chilometri, esistono vistose differenze da un tribunale all’altro”. Erano dati risalenti al 2016: si passava dal 51 per cento di casi estinti, a processo avviato, a Tempio Pausania fino allo 0,2 di Aosta, dal 33 per cento di Spoleto al 2 di Milano. “E’ comunque necessario affrontare il tema prescrizione: le sembra ragionevole che tutti i reati fino a sei anni si prescrivano in sette anni e mezzo? Quasi nessuno viene condannato per truffa o appropriazione indebita, crimini che si prescrivono esattamente come una diffamazione”.
L’ex procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, propone di far partire il computo dei tempi dall’esercizio dell’azione penale, e non dal tempus comissi delicti. “Non sono d’accordo, mi sembra un’idea meno garantista di quella ipotizzata dal governo. Così potrei essere chiamato a rispondere di fatti accaduti vent’anni fa, si pone un problema sostanziale ancor prima che processuale: una persona, ripeto, va giudicata per quello che è, non per la sua storia”. Soltanto in Italia puoi patteggiare e poi ricorrere in Cassazione. “Tale previsione deriva da un principio costituzionale. E’ indubbio però che il ricorso ai riti speciali sia disincentivato dai tempi brevi della prescrizione. Se so che il reato andrà probabilmente prescritto, difficilmente decido di patteggiare”. Il consigliere del Csm Sebastiano Ardita, della corrente davighiana di Autonomia e indipendenza, plaude alla riforma gialloverde, e sostiene che andrebbe superato il divieto di reformatio in peius. “Va detto che esiste soltanto nel nostro ordinamento, per cui in appello non avrai mai una condanna superiore a quella di primo grado. Ma non è un divieto assoluto: esiste l’impugnazione incidentale, uno strumento, in verità poco utilizzato dai pm, che consente di ottenere una pena più severa”.
Secondo l’ex procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, contrario alla riforma, bisogna rivedere i criteri per le impugnazioni in Cassazione al fine di scongiurare quelle a scopo dilatorio. “E’ un problema reale, ma il vero imbuto è rappresentato dal secondo grado. Il giudice d’appello è il ruolo meno appetito dai magistrati, che infatti ci vanno solo a fine carriera. Dopo una condanna in primo grado, il procedimento in seconda istanza dovrebbe chiudersi con una decisione in camera di consiglio nel giro di due giorni”. Per il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, bisogna puntare sulla tecnologia per evitare le perdite di tempo legate a notifiche e cambi di giudice. “Le pare normale che, in caso di sostituzione di un giudice, si debba ricominciare daccapo, con centinaia di testimoni, che vanno avanti da anni? Sentire una testimonianza non è come viverla ma un giudice ha davvero il vivido ricordo di un testimone esaminato in aula tre anni prima?”. Troppi reati e troppi processi, il governo per giunta annuncia una inversione a U sul fronte depenalizzazioni. L’Italia è l’unico paese con processo penale di tipo accusatorio e azione penale obbligatoria. “Negli stati dove l’azione penale è facoltativa – conclude Cantone – è la politica a decidere. Non so se ci convenga”.