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“Voterò contro il processo a Salvini”. Parla Sandra Lonardo

Salvatore Merlo

“Non si trattasse di Salvini avrebbero chiesto la fucilazione”. Chiacchiere sul garantismo grillino con Lady Mastella, che nel 2008 fu l’oggetto di un attacco giudiziario che portò alla caduta del governo Prodi

Roma. Il 16 gennaio 2008, l’allora ministro della Giustizia del governo Prodi, Clemente Mastella, annunciò alla Camera le sue dimissioni dopo che la moglie, Sandra Lonardo, era stata posta agli arresti domiciliari. Prodi cadde. Dieci anni dopo sono arrivate le assoluzioni piene. Oggi Sandra Lonardo è senatrice di Forza Italia. E tra qualche giorno dovrà votare, in Senato, l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. “Voterò no”, dice. “Penso che i magistrati debbano stare lontani dalle aule parlamentari. Rimango uguale a me stessa. Gli altri un po’ meno. Salvini sta riuscendo nel miracolo di trasformare i Cinque stelle in garantisti per opportunismo”.

 

Si assiste allora a un balletto, a un passo doppio, tra i Cinque stelle. Che si preparano a trovare le ragioni per votare no all’autorizzazione a procedere. “E salvare così il loro governo. I grandi princìpi evidentemente corrono sul filo della corrente alternata”, dice Sandra Lonardo.

 

In queste ore si sentono espressioni sorprendenti, in bocca ai Cinque stelle. Un tale Carabetta, l’altro giorno, in televisione, si esercitava con sofisticheria da avvocato sul fumus persecutionis.

“Non si trattasse di Salvini probabilmente avrebbero chiesto la fucilazione sul posto. La storia si ripete. Ma i ruoli s’invertono”.

 

C’è qualcosa di tragico. O di comico.

“Si capisce il valore della nemesi. Anche la Lega cominciò con i cappi sventolati in Parlamento. L’unico faro invece dovrebbe essere la Costituzione, il diritto, il principio della separazione dei poteri”.

 

E invece da cosa sono mossi i grillini?

“Dall’opportunismo e dalla violenza, mi pare. Detto questo io voto no. Voterò contro l’autorizzazione a procedere. Per una questione di principio. Ma…”.

 

Ma?

“Ma Salvini esagera. Questo però è un giudizio politico. Che va tenuto separato dalla questione giudiziaria”.

 

E in cosa esagera?

“Tutte quelle divise, quello sfoggio di muscoli che alla fine un po’ la sporcano la divisa”.

 

La polizia è lo stato.

“La divisa non si tocca. Sta al di sopra. E’ di tutti. E’ sacra. Non la puoi gettare nella mischia”.

 

E’ propaganda.

“Ma certo. Salvini pensa alle elezioni europee. Utilizza tutto. Com’è propaganda questa vicenda dei migranti. Dalla nave Diciotti alla Sea Watch. Che differenza vuoi che facciano cinquanta persone in una barca? Il problema dell’immigrazione è una questione epocale”.

 

Che in Italia si riduce a uno scontro di cortile. Con il solito, vecchio, cortocircuito giudiziario. Una coazione a ripetersi?

“Intervenire sull’immigrazione richiederebbe serietà, regole, concertazione o battaglia con l’Europa”.

 

E invece?

“E’ tutto rapsodico. Spot. Io sono per le regole. Per farle, le regole. Anche severe. I gesti esemplari, invece, in un contesto confuso non mi piacciono. Provengo da un famiglia di migranti. La mia famiglia emigrò negli Stati Uniti”.

 

In nave. Come i migranti che oggi sbarcano in Sicilia.

“Passarono da Ellis Island. Adesso i miei cugini sono imprenditori di successo in America. So bene cosa significa emigrare. E avere un’occasione. Per questo penso che ci vogliano regole. E non gesti di pura propaganda sulla pelle delle persone”.

 

Eppure voterà no all’autorizzazione a procedere.

“Perché il piano politico e quello giudiziario sono distinti. E devono rimanere distinti”.

 

Alla fine anche il M5s potrebbe votare contro l’autorizzazione a procedere.

“Il vero grande successo di Salvini”.

 

La metamorfosi.

“Opportunista”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.