La dittatura dei manettari
Un referendum propositivo in materia penale è l’inizio di un incubo populista
Movimento 5 stelle e Lega vogliono introdurre i referendum propositivi anche in materia penale. Insomma, i cittadini avrebbero la possibilità di approvare leggi che, ad esempio, aumentano le pene per determinati reati o modificano i meccanismi processuali. Uno scenario inquietante, che aprirebbe il varco alle peggiori pulsioni giustizialiste. E’ l’ultima novità emersa dall’esame in corso alla Camera della proposta di legge costituzionale sul referendum propositivo targata M5s-Lega: con 500 mila firme i cittadini potranno presentare una proposta di legge che, se non approvata entro 18 mesi dal Parlamento, sarà oggetto di un referendum per deliberarne l’approvazione.
Il referendum sarà valido se il 25 per cento degli aventi diritto avrà votato sì (quorum esteso anche ai referendum abrogativi). Ieri, durante le votazioni alla Camera, sono stati bocciati gli emendamenti proposti da Forza Italia che chiedevano che la consultazione fosse inammissibile in materia di ratifica dei trattati internazionali, elettorale e penale. Il ddl costituzionale, infatti, a differenza di quanto avviene oggi, non impone limiti ai referendum propositivi, citando solo i “princìpi fondamentali della Costituzione” e quelli “del diritto europeo e internazionale”. A preoccupare è soprattutto la possibilità di indire consultazioni in materia penale, se si considera già solo quanto avvenuto negli ultimi giorni, con gli insulti e le minacce al Garante dei detenuti o le ondate di sdegno per le sentenze ritenute troppo morbide. Il referendum propositivo sarebbe comunque oggetto di un vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale, al quale sarebbe affidato in misura ancora maggiore il ruolo di garante della tenuta democratica del paese. Si è di fronte all’ultimo stadio evolutivo del populismo penale, in cui si consegna direttamente al popolo il compito di legiferare in materia di giustizia. In questo senso, il gesto delle manette rivolto ieri dal deputato grillino Giuseppe D’Ambrosio ai colleghi del Pd è il migliore (o meglio, peggiore) preludio di ciò che ci aspetta.