Il Consiglio superiore grazia Woodcock
Censurata una “scorrettezza”, ma il Csm chiude gli occhi su Consip
"Non sono soddisfatto", ha commentato il sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Fresa. In effetti l’unico che può ritenersi soddisfatto, et pour cause, è proprio lui, Henry John Woodcock. Il pm, passato dal ruolo di grande accusatore a quello di grande accusato, può rallegrarsi della decisione, a dir poco morbida, assunta dalla sezione disciplinare del Csm che, al termine di un lungo procedimento, lo condanna alla censura, sanzione soft, per le dichiarazioni rilasciate a una cronista di Repubblica in via riservata e poi, secondo la versione del pm, trasposte in una intervista.
Woodcock viene dunque condannato per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti dell’allora capo del suo ufficio, Nunzio Fragliasso, oggetto di alcuni virgolettati riportati dal quotidiano di Largo Fochetti nell’aprile 2017. Assoluzione piena invece per il capo d’incolpazione più esplosivo: la lesione del diritto di difesa di Filippo Vannoni, già consigliere economico di Matteo Renzi a Palazzo Chigi e, nelle parole del sostituto pg Fresa, “l’anello più debole della catena” individuato “per farlo parlare”. Vannoni, che ha denunciato a più riprese metodi di interrogatorio particolarmente aggressivi, sentito in qualità di testimone e perciò in assenza di un avvocato, non è stato creduto dai consiglieri del Csm (della sezione disciplinare fa parte anche Piercamillo Davigo che non si è astenuto, anzi ha querelato il Foglio per aver sollevato il caso della incompatibilità). La parola di Vannoni non vale, né si comprende per quale ragione lo stesso Vannoni, vicinissimo a Renzi, non sia stato ascoltato alla stregua di due generali dei carabinieri e dell’ex ministro Luca Lotti, già iscritti nel registro degli indagati e perciò assistiti da un difensore. Su questo punto la difesa di Woodcock non ha mai fornito una spiegazione convincente. Il pm anglo-partenopeo ha già annunciato il ricorso in Cassazione contro l’unica, tiepida, sanzione ricevuta, mentre si addensano nubi sempre più fosche sull’efficacia dell’azione disciplinare in capo al Csm, da sempre ostaggio di logiche correntizie e di accordi poco trasparenti.