Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

Penalisti in sciopero contro la giustizia in salsa gialloverde

Ermes Antonucci

Tre giorni di protesta per denunciare la “deriva populista e giustizialista della legislazione penale in Italia” che ha origini lontane ma che “oggi si è trasformata in un obiettivo prioritario del governo del Paese”

Da oggi, per tre giorni, gli avvocati penalisti tornano a scioperare contro la “deriva populista e giustizialista della legislazione penale in Italia”. Una deriva, denuncia l’Unione Camere Penali Italiane, che ha origini lontane ma che “oggi si è trasformata in un obiettivo prioritario del governo del Paese”: “La legislazione penale è costantemente ispirata all’indiscriminato e irragionevole aumento delle pene, con una vera e propria idolatria per la condanna perpetua – detentiva o comunque inibitoria ed interdittiva – del reo; al disprezzo per la funzione rieducativa della pena e ad ogni alternativa al carcere; alla sovversione della presunzione di non colpevolezza”.

 

Nel merito, i penalisti richiamano l’attenzione sui numerosi interventi legislativi in materia di giustizia adottati negli ultimi mesi dalla maggioranza gialloverde: “La parossistica dilatazione della difesa legittima armata domiciliare; l’abolizione di fatto della prescrizione; una indefettibilità della pena che travolge tutti gli istituti deflattivi e alternativi al carcere; generalizzati aumenti delle sanzioni carcerarie, sino alla segregazione custodiale come ‘passaggio obbligato’ anche per chi avrebbe ragionevolmente accesso alle misure alternative”. E ancora: “Revisioni del rito abbreviato e quindi degli sconti di pena, escludendolo per i reati più gravi, aumento dell’uso delle intercettazioni più invasive”. Per poi arrivare alla riforma anticorruzione (la cosiddetta “spazzacorrotti”), in cui “si assegna al concetto di corruzione una valenza etica, tale cioè da dover essere combattuta con ogni mezzo, anche il più riprovevole”, e alla proposta di introduzione del referendum propositivo anche in materia penale, “con un effetto catastrofico sull’assetto generale della democrazia liberale che ha il suo perno irrinunciabile nella rappresentanza politica”.

 

  

 

Per queste ragioni, all’astensione dalle udienze i penalisti italiani affiancheranno una manifestazione di due giorni che si terrà venerdì 10 e sabato 11 maggio all’Università degli Studi di Milano, e che punta a chiamare a raccolta il mondo accademico, le istituzioni, la politica e la pubblica opinione intorno al “Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo”, stilato dall’Ucpi in collaborazione con i giuristi delle più autorevoli università italiane.

 

Il Manifesto fissa “i principi irrinunciabili” ai quali dovrebbe ispirarsi la legge penale e processuale, in procinto di essere riformata dal governo gialloverde (“Entro una settimana o due presenteremo un progetto unitario di riforma sia la giustizia civile che per quella penale”, aveva dichiarato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede il 29 marzo, cioè più di un mese fa).

 

Il Manifesto stilato dall’Ucpi richiama innanzitutto al rispetto del principio di proporzionalità della pena: “Liberale è il modello di diritto penale che legittima l’intervento punitivo solo quando è strettamente necessario e proporzionato alle esigenze di tutela, oltre che rispettoso della persona che lo subisce”.

 

Nella parte relativa ai “principi di un processo penale liberale”, spicca il netto rifiuto di ogni abuso della carcerazione preventiva: “Nel processo penale liberale, la detenzione preventiva dell’imputato rappresenta una stortura da relegare in ambiti di marcata eccezionalità. La si può ammettere solo per far fronte a specifiche esigenze di carattere processuale, per tempi limitatissimi e nel più rigoroso rispetto dei principi di legalità e di proporzionalità”.

 

Stop anche al fenomeno del processo mediatico: “Prima della condanna definitiva, la cronaca giudiziaria deve mantenersi entro binari rispettosi della presunzione d’innocenza: essa deve informare sul processo, non allestirne uno parallelo ad uso e consumo dei mass media”.