Approfittiamo dello scandalo per cambiare il Csm. Proposte concrete
Lasciamo da parte le polemiche e mettiamo mano a una riforma condivisa, non punitiva e al servizio del buon governo della magistratura
Al direttore, la frase del Vangelo di Matteo Oportet ut scandala eveniant, seppure decontestualizzata, nell’uso comune si riferisce al fatto che in determinate occasioni gli scandali possono anche tornare utili perché rivelando un male danno l’occasione di curarlo. Ora, nel caso dello scandalo che ha investito il Csm e alcuni suoi componenti presenti e passati, invece di crogiolarsi nella consolatoria e ipocrita teoria delle “poche mele marce” che porterebbero da sole tutta la responsabilità di quanto è successo senza che il contesto abbia almeno agevolato le anomale dinamiche sviluppatesi, conviene prendere atto che – ferma restando la presunzione di innocenza dei singoli indagati – si sono certamente verificate falle nel sistema, che hanno consentito uno sviamento delle funzioni dell’organo rispetto ai fini istituzionali. Se così è, non può essere perduta l’occasione per mettere in atto tempestivamente rimedi che, se non eliminino, almeno rendano più difficile in futuro il ripetersi dell’accaduto.
E’ in questo spirito costruttivo che mi permetto di avanzare qualche suggerimento, frutto dell’esperienza vissuta nel mondo della giustizia negli ultimi anni, per uscire dall’alternativa tra far finta di niente e far di ogni erba un fascio.
Si può fare qualcosa di concreto, subito e a Costituzione invariata, perché il Csm recuperi appieno il suo ruolo di governo autonomo della magistratura, indipendente da ogni influenza esterna, autorevole ed efficace.
1. Occorre rivedere le circoscrizioni elettorali (collegi più piccoli garantiscono un minor potere di condizionamento correntizio sui singoli candidati, perché rendono meno indispensabile l’apparato di ricerca del consenso a livello nazionale)
2. Va introdotto l’obbligo di indicare un numero di candidati superiore a quello degli eletti (per evitare ciò che accaduto nelle ultime elezioni, ove il numero dei candidati pm era pari a quello dei posti disponibili, per cui la competizione era superflua e oggi non ci sono candidati che possano subentrare).
3. Un Panachage di preferenze tra liste diverse non vincola il voto a una sola corrente e ai suoi candidati prescelti.
4. L’eliminazione o la congrua riduzione del numero di firme per la presentazione delle candidature faciliterebbe la competizione di un maggior numero di liste.
5. Occorre prevedere l’introduzione del divieto di elettorato passivo senza alcuna deroga per i magistrati condannanti disciplinarmente.
6. Una quota di eletti dovrebbe essere destinata a comporre in via esclusiva la Sezione disciplinare, onde evitare commistioni tra funzioni giudiziarie e funzioni amministrative dei componenti.
7. Va ripristinato per legge il divieto, per i membri togati cessati, di ottenere incarichi direttivi e semidirettivi per i quattro anni successivi alla scadenza del mandato, il che li renderebbe meno sensibili all’esito dei futuri sviluppi della propria carriera e perciò più indipendenti.
8. Egualmente si potrebbe introdurre per legge il divieto per i membri togati cessati di essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura per i quattro anni successivi alla scadenza del mandato, restituendoli alla giurisdizione senza tentazioni alternative.
9. Si potrebbe prevedere per legge (essendo ormai stata definitivamente attuata la riforma dell’ordinamento giudiziario) una selezione concorsuale per l’accesso all’Ufficio studi e alla Segreteria del Consiglio, che garantisca l’imparzialità, la serietà e la terzietà dei componenti.
10. Occorre riflettere su un allungamento della durata della consiliatura per evitare che quattro anni siano quasi una parentesi tra una campagna elettorale e la successiva, favorendo così la stabilizzazione e la decantazione dell’organo.
11. Egualmente potrebbe essere opportuno che il Consiglio non decada tutto insieme, comportando una traumatica interruzione delle sue funzioni e ponendo i nuovi eletti, soprattutto laici, in una condizione di difficile rodaggio operativo.
Un’elezione scaglionata determinerebbe anche una minore mobilitazione elettorale e consentirebbe aggiustamenti in corsa utili a garantire l’equilibrata composizione dell’organo.
12. E’ indispensabile introdurre per legge tempi massimi di trattenimento delle pratiche in Commissione, con espressa previsione del potere di avocazione da parte del Comitato di presidenza per il caso di inutile scadenza dei termini ai fini della diretta sottoposizione al Plenum.
13. Per le pratiche relative alla copertura degli uffici direttivi e semidirettivi, occorre prevedere per legge l’inderogabilità del criterio cronologico a seconda delle scoperture.
14. Si potrebbe prevedere la competenza esclusiva di un’unica sezione del Consiglio di Stato a conoscere delle impugnazioni e dell’ottemperanza in materia di conferimento degli uffici direttivi e semidirettivi.
15. Probabilmente è opportuno reintrodurre le fasce di anzianità entro cui effettuare la comparazione dei legittimati per la nomina agli uffici direttivi e semidirettivi.
16. Occorre introdurre l’incandidabilità al Consiglio per chi ricopre ruoli associativi.
Lasciamo da parte gli scandali e le polemiche, e mettiamo mano a una riforma condivisa, non punitiva e al servizio del buon governo della magistratura.
Avv. Prof. Michele Vietti, già vicepresidente del Csm