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Le sezioni unite della Cassazione penale e la giustizia populista

Rocco Todero

In nome della volontà di porre rimedio alle lungaggini processuali si vuole cancellare il diritto dell’imputato alla rinnovazione delle prove testimoniali al cambio del giudice

Prima o poi doveva accadere. Dopo almeno tre decenni di populismo giudiziario alimentato da ampi settori di stampa e politica con l’unico obiettivo di preparare l’opinione pubblica ad accettare di buon grado la scomparsa dei principali istituti del garantismo penale, l’onda demolitrice dell’ordinamento processuale liberale ha raggiunto adesso anche la Corte di Cassazione penale.

 

Là dove dovrebbero essere gelosamente custodite lo spirito e la logica dei principi dello stato di diritto consacrati nella Costituzione repubblicana, s’è fatto strada quel certo fastidio che da molto tempo oramai si manifesta nei Tribunali di primo grado e nelle Corti d’Appello per le cosiddette lungaggini processuali, attività che servirebbero solo a menar il can per l’aia invece che a fare giustizia di presunti colpevoli non ancora inchiodati alle loro personali responsabilità (copyright dalle parti dell’attuale Csm).

 

A furor di popolo, il desiderio di combattere quel senso di frustrazione comune che sgorga irrefrenabile dinanzi a un processo meticoloso ma che vale a rasserenare la coscienza di chi giudica delle sorti della vita altrui, ha pervaso anche coloro che per definizione dovrebbero resistere alle sirene dell’emotività populista.

 

A quanto pare la forza dello spirito del tempo, la percussione inarrestabile dello Zeitgeist non risparmia nessuno e così dopo un Parlamento di Torquemada che abolisce l’istituto della prescrizione, abbandonando gli imputati al capriccio dello Stato inquisitore, tocca assistere allo spettacolo delle Sezioni Unite della Cassazione penale che cancellano il diritto incondizionato dell’imputato alla rinnovazione delle prove testimoniali ogniqualvolta il giudice che deve sancirne la condanna o l’assoluzione non sia più la stessa persona fisica che abbia assistito direttamente all’esame del teste.

 

E a nulla vale che la legge disponga senza ambiguità alcuna che alla deliberazione della sentenza concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. O che da sempre la Corte costituzionale abbia spiegato come sia necessaria la diretta percezione, da parte del giudice deliberante, della prova stessa nel momento della sua formazione, così da potere cogliere tutti i connotati espressivi, anche quelli di carattere non verbale, particolarmente prodotti dal metodo dialettico dell’esame e del contro esame, perché il giudice stesso non debba essere fruitore passivo di testimonianze acquisite da altri.

 

I tempi, adesso, sono cambiati e quel che resta del garantismo può essere riposto in soffitta.

 

Qualche mese fa la Consulta ha ribadito come alla sostituzione della persona fisica del giudice debba necessariamente seguire la rinnovazione anche delle prove testimoniali già assunte, ma i giudici delle leggi hanno anche amaramente constatato che le lungaggini e le inefficienze della giustizia non consentono nemmeno a colui che abbia assistito direttamente alle testimonianze di avere un ricordo vivido e immediato allorché si troverà a decidere dopo molti anni dallo svolgimento dell’istruttoria.

  

Allora, ha concluso la Corte costituzionale, sarebbe meglio che il legislatore introducesse dei meccanismi, come la video registrazione, che consentirebbero al Tribunale di verificare a distanza di tempo il reale contegno del testimone, la sua concreta attendibilità.

 

Le sezioni unite della Cassazione penale, invece, non hanno voluto aspettare alcuna riforma e hanno sentenziato che spetta al nuovo giudice (che subentra a quello sostituito) decidere se riesaminare i testimoni o limitarsi alla mera lettura dei verbali, per farsi un convincimento circa la credibilità del teste. Senza osservarlo, senza ascoltarlo direttamente, senza valutare la necessità di interrogarlo personalmente.

  

E così, invece di rinnovare l’esame dei testi, anziché bloccare i trasferimenti dei magistrati fino alla conclusione dei processi, al posto di consentire le trasferte dei giudici presso la vecchia sede al solo fine di portare a compimento i procedimenti in corso di svolgimento, si degradano i principi dell’immediatezza e dell’oralità a meri ammennicoli nelle mani della insindacabile discrezionalità del Tribunale.

  

Perché giustizia (populista) sia fatta.

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