Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

I Cinque stelle danno la colpa al Csm per i loro ritardi sulla giustizia

David Allegranti

L’assunzione dei 251 magistrati “ha risentito dei rallentamenti per l’approvazione della graduatoria”, dice Vittorio Ferraresi

Roma. Dopo settimane di traccheggiamenti, il ministero della Giustizia ha fornito finalmente delle risposte alle questioni poste dal Foglio – grazie a un’interrogazione del deputato di Forza Italia Pierantonio Zanettinsulla mancata assunzione dei 251 magistrati che hanno vinto il concorso bandito nel 2017. Non male, si fa per dire, la giustificazione dei Cinque stelle: secondo il dicastero di Alfonso Bonafede, i rallentamenti sono responsabilità del Csm. Ma andiamo con ordine.

 

“Nell’anno 2019 si è verificata una particolare contingenza temporale per cui si sono sovrapposti gli esiti di due procedure concorsuali”, ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi. La prima indetta con decreto ministeriale il 19 ottobre 2016 e l’altra indetta il 31 maggio 2017. “I vincitori del primo dei due concorsi indicati sono stati già regolarmente assunti grazie alla copertura finanziaria che ha trovato spazio nella legge di bilancio dello scorso dicembre”. Il concorso bandito nel 2017, ha detto Ferraresi, “ha risentito di rallentamenti che risalgono alla fase relativa all’approvazione della graduatoria. In particolare, dopo la pubblicazione con riserva della prima graduatoria lo scorso 24 luglio, il Consiglio Superiore della Magistratura, il successivo 16 ottobre ha pubblicato la graduatoria definitiva”. Insomma, secondo il ministero della Giustizia, la colpa del rallentamento dell’assunzione è del Csm, che però aveva espresso una riserva solo su un candidato, non su tutta la graduatoria. “Ne è conseguita una inevitabile dilatazione temporale malgrado la quale, essendo ormai prossima l’approvazione della legge di bilancio per le coperture finanziarie dell’anno venturo, mi sento di rassicurare gli interroganti sulla speditezza dell’ulteriore corso della procedura con l’imminente assunzione dei vincitori”. 

 

Il decreto di nomina però, stando alla legge, sarebbe dovuto avvenire entro 20 giorni dalla pubblicazione della graduatoria. Se anche prendessimo per buona la data del 16 ottobre – quando il Csm ha pubblicato la nuova graduatoria sciogliendo la riserva su una candidata – i giorni di ritardo sarebbero molti di più, visto che sono già passati oltre sessanta giorni. Comunque, ha detto Ferraresi, “nel disegno di legge di bilancio per il 2020 è prevista l’autorizzazione di spesa destinata all’assunzione dei magistrati ordinari vincitori del concorso bandito con decreto ministeriale il 31 maggio 2017 e la provvista finanziaria risulta già inserita nello stato di previsione del ministero della giustizia con decorrenza 1 gennaio 2020. Del resto, con lo storico incremento del ruolo organico della magistratura di 600 unità, questo ministero ha già dato ampia dimostrazione, nei fatti, della particolare attenzione con cui guarda alle politiche assunzionali del personale giudiziario, in linea con la ferma convinzione che l’efficienza della giustizia passa innanzitutto attraverso un significativo rafforzamento organico di chi l’amministra quotidianamente”.

 

Naturalmente, questo ampliamento è ancora tutto da verificare ma i Cinque stelle lo spacciano già per fatto, osserva il deputato Zanettin: “Abbiamo capito che evidentemente si trattava di un problema di copertura. Le assunzioni avranno luogo a partire dal primo gennaio prossimo però dobbiamo rilevare che c’è stato uno svarione: il ministro Bonafede s’era dimenticato di appostare nella legge di bilancio 2019 i fondi necessari per assumere i magistrati vincitori del concorso 2017. La considero una sciatteria imperdonabile e senza precedenti. Il ministro Bonafede in ogni occasione parla con toni trionfalistici di un aumento epocale dell’organico dei magistrati frutto del suo impegno. Però come dimostra questo episodio la sua narrazione molto distante dalla realtà dei fatti”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.