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L'idea di Gratteri sulla prescrizione

Rocco Todero

L’illegittimità costituzionale come grimaldello per il riformismo giudiziario

Per il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, la condizione della giustizia italiana è così mal messa da ritenere preferibile una legge sulla prescrizione contraria alla Costituzione a una pubblica amministrazione che non riesce ad assicurare la ragionevole durata dei processi penali.

  

L’alto magistrato calabrese nel corso della trasmissione televisiva condotta da Giovani Floris, infatti, ha detto di non condividere alcuna modifica alla nuova disciplina introdotta dal Governo giallo verde, perché almeno così la politica sarà costretta a fare le riforme necessarie che servono a velocizzare le cause nei tribunali.

 

 

La riforma della prescrizione, insomma, sarà pure contraria alla Costituzione, che all’articolo 111 impone la ragionevole durata di ogni processo, ma il sacrificio della legalità costituzionale appare a Gratteri persino necessario se serve a forzare i processi politici e legislativi che interessano la macchina della amministrazione giudiziaria italiana. E così sia, dunque.

 

Una posizione non proprio da ortodossa, quella del Procuratore di Catanzaro, che pare avere dimenticato come nella gerarchia delle fonti del diritto svetti la Costituzione repubblicana che non tollera alcun uso strumentale della persona umana, nemmeno al fine di promuovere forzatamente il riformismo giudiziario, rispetto al quale, peraltro, la scommessa del magistrato sull’operosità della classe politica italiana appare davvero azzardata.

 

Gratteri, sollecitato da Floris a dire la sua sulle norme che disciplinano la durata dei processi, si è guardato bene, davanti ad un compiaciuto Marco Travaglio, dal dare un’opinione da operatore del diritto sulla riforma della prescrizione e ha focalizzato la propria attenzione invece solo sugli aspetti relativi all’efficienza della macchina giudiziaria (è intollerabile che ogni mattina 4.000 carabinieri escano per fare le notifiche giudiziarie invece che le indagini penali, ha detto), disvelando così quello che a molti osservatori appare oramai abbastanza chiaro.

 

Il Procuratore di Catanzaro da tempo sembra concentrato, almeno nei suoi interventi pubblici, ad assumere più le vesti del legislatore e dell’uomo di Governo che non quelle dell’operatore del diritto che si fa guidare dai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico cui deve sottostare.

 

Nessuna meraviglia, per carità. A Gratteri evidentemente non stanno bene le norme che disciplinano la giustizia e l’organizzazione che ne regola il funzionamento.

 

Ne ha tutto il diritto, ma farebbe bene, a questo punto, ad appendere la toga e a fare un salto nell’arena. Passando dalla porta principale, però, e senza salvacondotto.