Lotta nel fango tra manettari
Lo scontro Genchi-Boccassini illumina i danni del giustizialismo
Volano gli stracci tra due punti di riferimento del giustizialismo italiano: da una parte Ilda Boccassini, per decenni magistrato simbolo della procura di Milano e dei processi nei confronti di Silvio Berlusconi, dall’altra Gioacchino Genchi, ex consulente informatico delle procure (oggi avvocato), finito nel 2009 al centro di uno scandalo nazionale sull’esistenza di un mega archivio segreto contenente decine di migliaia di tabulati telefonici (Genchi venne poi prosciolto). Tutto nasce dalla testimonianza resa giovedì da Boccassini al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D'Amelio che si sta celebrando a Caltanissetta, e in cui sono imputati tre poliziotti con l’accusa di aver imbeccato diversi falsi pentiti (tra cui Vincenzo Scarantino).
A Messina è invece in corso il processo nei confronti di due magistrati che nel 1992 prestavano servizio alla procura di Caltanissetta e si occuparono delle indagini sulla strage (Carmelo Petralia e Annamaria Palma). Nella deposizione, Boccassini (che da ottobre 1992 a dicembre 1994 prestò servizio a Caltanissetta) ha ribadito che “si doveva capire subito che Scarantino era inattendibile”, dal momento che questi “diceva sciocchezze”, ma che le sue segnalazioni furono ignorate dai suoi colleghi e dall’allora procuratore capo Giovanni Tinebra, che invece diedero credito all’ex picciotto della Guadagna di Palermo. Boccassini ha poi rivolto un attacco frontale proprio a Genchi, che lavorò come consulente informatico della procura dopo le stragi mafiose. Per Boccassini era “una persona pericolosa per le istituzioni, aveva conservato un archivio con i tabulati che aveva raccolto. E poi vedeva complotti e depistaggi ovunque”. Immediata e durissima la replica di Genchi. “Ilda Boccassini a distanza di quasi un trentennio da quegli eventi non si rende ancora conto di essere stata – probabilmente senza volerlo – la prima vera responsabile dei depistaggi delle indagini sulle stragi grazie a lei Arnaldo La Barbera ed altri, sopra e sotto di lui, hanno potuto compiere”, ha detto l’ex consulente intervistato dal Fatto. Fango per tutti, ma stavolta la lotta è tra manettari.