Il deputato Ferri lamenta una ì"lesione delle sue prerogative costituzionali" di parlamentare per essere stato "illegittimamente sottoposto, in via indiretta, a intercettazione di conversazione"
Svolta nello scandalo, esploso lo scorso giugno, sulle presunte nomine pilotate al Consiglio superiore della magistratura. La vicenda è curiosamente sparita dal radar degli organi di informazione, a dispetto del clamore mediatico iniziale e delle continue fughe di notizie. L’11 marzo, però, la Corte costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Cosimo Ferri, deputato di Italia Viva e magistrato in aspettativa, nei confronti del procuratore generale della Cassazione e del capo della procura di Perugia, da cui partì l’inchiesta per corruzione incentrata sul pm Luca Palamara. Ferri, infatti, fu tra le persone intercettate, attraverso il trojan inoculato nello smartphone di Palamara, nella famosa riunione avvenuta in un hotel romano con lo stesso Palamara, cinque consiglieri togati del Csm (poi tutti dimessisi) e il deputato dem Luca Lotti, e in cui si discusse delle future nomine ai vertici di alcune procure sparse per il paese, a partire da quella capitolina.
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