(foto LaPresse)

Alberto Nobili, il mediatore

Marianna Rizzini

Chi è il pm non mediatico che nel caos virale delle istituzioni ha spento la rivolta di San Vittore

Roma. La piccola storia nella storia nei giorni duri del coronavirus parla di un magistrato. Si chiama Alberto Nobili, coordinatore della Sezione antiterrorismo della procura di Milano, già esperto di indagini sui sequestri di persona. E’ lui l’uomo che lunedì è salito su una scala, con il collega Gaetano Ruta, a parlare con i detenuti in rivolta del carcere di San Vittore, nel momento in cui la protesta per l’interruzione dei colloqui in conseguenza delle misure di contenimento del virus si è saldata al malcontento sottostante per l’affollamento. “Possiamo andare avanti solo se interrompete ogni violenza… ciò che possiamo garantire è il massimo impegno per migliorare la situazione penitenziaria”, ha detto il magistrato, noto agli addetti ai lavori anche per le indagini sulla radicalizzazione di alcuni ambienti e sui legami con la rete del terrorismo internazionale. E improvvisamente, nel bailamme della situazione generale, con il rincorrersi di dubbi e decreti, l’azione di contenimento-rivolta messa in campo da Nobili, con moral suasion del tipo – non c’è bisogno della violenza, vi ascoltiamo, sappiamo che ci sono troppi detenuti nelle carceri italiane – si è stagliata sugli schermi dei computer e in qualche titolo come esempio di strana calma in mezzo alla tempesta.

 

Lui, Nobili, ex marito di Ilda Boccassini, è il tipo di magistrato opposto nello stile e nella non esposizione mediatica non soltanto al genere di pm che per anni, e fin dai tempi di Mani pulite in cui Boccassini è stata coprotagonista, ha spopolato sui quotidiani, in prima fila e sotto ai riflettori, ma è anche diverso dal prototipo del magistrato prestato alla politica che abbiamo visto in azione dalla fine dei Novanta a oggi (si va da Antonio Di Pietro a Luigi De Magistris ad Antonio Ingroia fino a Michele Emiliano). Nobili, defilato e riservato, è stato però uno dei punti di riferimento delle indagini sulla ‘ndrangheta a Milano nei primi anni Novanta. Non è stato invece protagonista di lotte epocali tra correnti in magistratura, anche se il suo nome è stato in gara, con quelli di Giovanni Melillo e Francesco Greco, nel 2016, per la successione a Edmondo Bruti Liberati alla testa della procura di Milano, al cui vertice è poi andato Greco. Nonostante la lunga esperienza nell’Antiterrorismo, Nobili compare raramente in pubblico, men che meno nelle foto, eccezion fatta per quelle del funerale di Francesco Saverio Borrelli (Nobili è visibile nell’immagine del picchetto d’onore per il magistrato defunto, accanto ai già fotografatissimi Piercamillo Davigo, Di Pietro e Gherardo Colombo).

 

E, proprio con Colombo, Nobili, nel 2017, è stato al centro di un complicato tentativo di salvataggio andato a buon fine: un ragazzo aveva minacciato di buttarsi giù da un’impalcatura esterna del Palazzo di Giustizia di Milano, da un’altezza di circa quindici metri. Come nel caso dei detenuti in rivolta, si era visto allora Nobili parlare con l’aspirante suicida, dargli una mano e convincerlo a rientrare da una finestra. Ma Nobili è anche uno dei magistrati più invitati ai convegni che trattino di minacce terroristiche e del proliferare dei messaggi eversivi sul web, con conseguente possibile radicalizzazione delle personalità a rischio. A San Vittore, in cima a una scala, Nobili è stato l’uomo che, in piena emergenza coronavirus, ha capito, come poi ha detto ai microfoni di Radio24, che il coronavirus non c’entrava molto con la protesta medesima. Era stata la miccia per accendere l’attenzione sulle difficili condizioni nelle carceri, tema non prioritario in molte agende a Cinque stelle. E il magistrato, senza promettere, si è offerto come “ascoltatore” e tanto è bastato. Molti anni fa, invece, si era offerto come ostaggio nella vicenda di Domenico Gargano, l’uomo che per ventotto ore si era chiuso in una filiale di una banca armato di pistola. Già allora Nobili aveva usato l’abilità del persuasore, anche in quel caso un passo (mediaticamente) indietro rispetto a Francesco Saverio Borrelli, intervenuto per risolvere il caso.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.