La ricetta dei penalisti per svuotare le carceri
Il presidente dell'Unione delle camere penali Caiazza spiega perché sarebbe opportuno che chi deve scontare non più di 24 mesi di reclusione lo possa fare in detenzione domiciliare
Roma. I disordini nelle carceri all’annuncio dei provvedimenti restrittivi per il contenimento del coronavirus, ma anche il problema precedente e sottostante: le carceri sono sovraffollate, scoppiano quasi, e da tempo la politica è chiamata a occuparsene. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dopo la rivolta, è andato a riferire in Parlamento, ma le sue parole non hanno convinto (al ministro sono arrivate critiche decise e trasversali da Italia viva e Forza Italia, ma anche il Pd ha chiesto ulteriori chiarimenti). Intanto l’Unione delle camere penali, due giorni fa, ha inviato a Bonafede una lettera aperta per chiedere, vista “l’estensione a tutto il territorio nazionale di regole cogenti per evitare il contagio”, un intervento capace di “dilatare, quantomeno fino al 3 aprile 2020, la disciplina di sospensione dei termini processuali e di rinvio delle udienze calendarizzate. Non è infatti pensabile, quali che possano essere le pratiche eventualmente adottate nei diversi distretti, che avvocati e parti siano costretti alla mobilità nel territorio, incompatibile con le linee guida emanate a tutela della salute pubblica”. E ieri, in collaborazione con il quotidiano il Riformista, l’Unione camere penali ha lanciato una petizione per chiedere l’immediata adozione di un decreto legge in materia. Dice infatti Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Ucp, che “qualcosa si potrebbe fare subito: ci sono in carcere ottomila detenuti che hanno ancora da scontare una pena della durata compresa tra un giorno e un anno, e altri ottomila che devono scontare una pena fino a due anni. Per questo chiediamo l’adozione immediata di un decreto legge che preveda la prosecuzione dell’espiazione della pena in detenzione domiciliare per soggetti con pena residua non superiore a 24 mesi e per detenuti di età superiore ai 70 anni, se possono indicare un domicilio idoneo, e l’aumento del tetto di pena, residua e non, per la concessione di misure alternative alla detenzione”. A chi teme che in questo modo si abbia una sorta di sconto di pena, Caiazza risponde che non si tratta di una “liberazione prima dei termini”, ma appunto di un modo per alleggerire le carceri stracolme finendo di scontare il periodo che resta presso la propria abitazione, tanto più ora che sussistono rischi per la salute dei detenuti e degli operatori. “Abbiamo una bomba pronta a esplodere, vista la situazione nelle carceri”, dice Caiazza, “per questo chiediamo un’assunzione di responsabilità”.