La giustizia italiana è davvero sottofinanziata?
L’Italia non spende meno rispetto alla media europea, ma il personale a disposizione è decisamente inferiore perché giudici e pm sono pagati troppo. Uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani
Non è vero, come sostengono alcuni, che la giustizia in Italia è lenta perché lo stato spende troppo poco per il settore. In realtà, i dati dimostrano che l’Italia non spende meno risorse per la giustizia rispetto alla media europea. Il problema è un altro: il personale a disposizione è decisamente inferiore alla media, ma ciò è dovuto al fatto che nel nostro paese i giudici e i pubblici ministeri, in particolare quelli delle Alte Corti, sono pagati troppo. A sostenerlo è uno studio realizzato da Edoardo Frattola per l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli.
Lo studio smentisce drasticamente una delle convinzioni più popolari tra i difensori del “partito delle toghe” (dal Guardasigilli Bonafede all’ex pm di Mani pulite Davigo), e cioè che la causa della lentezza della giustizia italiana (civile e penale) vada rintracciata nel basso livello di spesa da parte dello stato, che costringe gli uffici giudiziari a soffrire di una carenza di personale e di risorse. I numeri dimostrano il contrario. I dati Eurostat sulla spesa per “Law Courts”, cioè per il funzionamento dei tribunali, indicano che nel 2018 l’Italia ha speso per i propri tribunali lo 0,33 per cento del pil (5,8 miliardi di euro), in linea con la media Ue. Anche la Spagna ha speso lo stesso ammontare in rapporto al pil (0,34 per cento), la Francia leggermente meno (0,24 per cento) e la Germania poco di più (0,39 per cento).
Alla medesima conclusione si perviene se si utilizzano i dati del Cepej, un organismo del Consiglio d’Europa che si occupa di monitorare l’efficienza della giustizia, secondo cui anche in termini di spesa pro capite (133 euro) siamo in linea con gli altri paesi. Se non è vero che spendiamo troppo poco, il problema – sottolinea lo studio dell’Osservatorio CPI – è che spendiamo male le risorse a disposizione. L’Italia, infatti, si colloca al 24esimo posto in classifica in Europa per il numero di giudici e pm ogni 100mila abitanti: solo 15 unità, meno della metà rispetto alla media Ue (31). Soltanto Malta, Francia, Regno Unito e Irlanda ne hanno meno di noi. Le cose non cambiano se si considera la consistenza dello staff amministrativo (cioè il personale che supporta l’attività di giudici e pm): siamo al 23esimo posto con sole 49 unità ogni 100mila abitanti, contro una media Ue pari a 79.
Com’è possibile allora che l’Italia spenda tanto quanto la media europea, pur impiegando un personale molto più ridotto? Lo studio dell’Osservatorio diretto da Cottarelli conclude che la ragione va rintracciata nelle buste paga dei magistrati, in particolare quelli in servizio presso le Alte Corti. Tra i giudici il problema non è costituito tanto dalla retribuzione delle toghe a inizio carriera, che comunque è in media quasi il doppio del salario lordo medio nazionale (sotto la media Ue, ma superiore a quella dei colleghi di Francia e Germania), quanto dallo stipendio dei giudici della Corte di Cassazione, che fa salire il nostro paese al terzo posto in classifica in Europa, con un valore decisamente più alto della media: “Tenendo conto del salario medio nazionale, per esempio, in Italia la retribuzione di un giudice della corte suprema è del 90 per cento più elevata che in Francia ed è quasi quattro volte più alta della retribuzione in Germania”.
Considerazioni analoghe valgono anche per le retribuzioni dei pubblici ministeri. L’Italia è al decimo posto (e sopra alla media Ue) per stipendio di un pm a inizio carriera rispetto al salario medio nazionale e addirittura al primo posto in Europa se si considera un pm in servizio presso la Corte di Cassazione.
Insomma, ciò che emerge dai dati è che l’Italia non spende meno risorse per la giustizia rispetto alla media europea, ma ciò nonostante il personale a disposizione è decisamente inferiore alla media. “Questo – conclude Frattola nel suo studio – sembra dipendere dal fatto che in Italia i giudici e i pubblici ministeri, pur essendo relativamente pochi, guadagnano di più che all’estero in rapporto al salario medio nazionale”.