Il nuovo incubo è la “fase Mani pulite”. E' già arrivata
Nomi fin troppo simbolici, prime indagini, il reato di “epidemia colposa”. Meglio discutere di politica
C’è il Pio Albergo Trivulzio, Gad Lerner che torna a fare il cronista d’assalto, l’ex pm Gherardo Colombo mandato dal Comune. A Roma persino uno che si chiama Borrelli. E Repubblica che titola “Mani pulite sul Trivulzio” e non gli sembrava vero. E persino la vecchia guardia manettara in servizio permanente attivo, come Barbacetto del Fatto, che ha già individuato la triade dei colpevoli di Alzano: amici leghisti che portano dritti alla Lega e al suo Capitano (dimenticandosi, però, di interrogarsi sul ruolo eventualmente giocato dal sistema delle aziende, vecchio vizio dei manipulitisti, sebbene il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti abbia ammesso: “Noi eravamo contrari a fare una chiusura tout court così senza senso. Codogno è un paesino, capisce che non fa testo”). Calano i decessi, ieri, in Lombardia e aumentano i dimessi. E così, come da classico “rito ambrosiano”, oltre alla fase 2 sembra tutto apparecchiarsi per la prossima “fase tribunale”.
E’ ovvio che laddove emergano responsabilità di tipo penale, andranno vagliate da chi ne ha la competenza. Ma è anche evidente che aprire fascicoli a carico di ignoti per il reato di “epidemia colposa”, come ha fatto la procura di Bergamo sul caso dell’ospedale di Alzano Lombardo, istituendo come da prassi un “team” inquirente sposta l’accertamento delle responsabilità tecnico-sanitarie o politiche verso un altro metro di giudizio. Lo stesso accade per la procura di Milano che ha aperto un’indagine su alcune case di riposo, non soltanto la “Baggina”, per verificare il motivo delle troppe morti avvenute. Anche sul caso dell’ospedale di Codogno, la magistratura si era attivata, ma per una indagine conoscitiva (arrivarono i Nas) “volta ad accertare eventuali responsabilità nella gestione” nel caso del famoso paziente 1. Non per “epidemia colposa”, reato, già spiegano i giuristi, difficile da circostanziare in una situazione come quella lombarda attuale.
Ma l’abituale modus operandi della magistratura, in un continuo rimbalzo con la politica (in questo caso dell’opposizione) e dei giornali si è messo in moto. E le ricadute giudiziarie – se ci saranno, ma sicuramente ci saranno, prima, i roboanti rumori delle inchieste – inciderà su quella che invece sarà la “fase elettorale” dell’uscita dalla pandemia. Una intera classe amministrativa regionale (ma i sindaci che chiedevano di non chiudere, in molti casi sono di sinistra) se la vedrà con gli elettori, ed è giusto. L’assessore alla Sanità Giulio Gallera, che si è lasciato sfuggire che in effetti la zona rossa a Bergamo poteva farla, oltre a fare un bel danno al suo capo Attilio Fontana, ha dato una straordinaria dimostrazione di insipienza politica, e le direttive sanitarie, e i misteri su tamponi e mascherine, e la gestione delle Rsa saranno temi di cui si dovrà discutere. E in fondo Formigoni finì nella polvere per molto meno. Ma discuterne politicamente. Ma che c’entra la mano giudiziaria preventiva, e la canea mediatico-giudiziaria che la accompagnerà? Fino ad ora lo scontro politico (destra sinistra, Milano Roma) è stato tenuto saggiamente sotto controllo dai protagonisti. L’irruzione della logica dei tribunali, se non esercitata con saggezza, e nella (attuale) fumosità dei reati, potrebbe peggiorare un disastro già drammatico.