L'emergenza covid, il boss ai domiciliari e la lettura distorta dei partigiani dell'antimafia
Francesco Bonura, 78 anni, detenuto al 41 bis, lascia il carcere perché anziano, malato e con fine pena tra 9 mesi. Ma c'è chi grida allo scandalo ed evoca la Trattativa
Francesco Bonura, 78 anni, boss detenuto al 41 bis, lascia il carcere. Tecnicamente si chiama differimento della pena. Il mafioso palermitano sta male.
Il giudice di Sorveglianza di Milano – era detenuto nel carcere di Opera – ha stabilito che può andare agli arresti domiciliari “anche tenuto conto dell'attuale emergenza sanitaria (per il Coronavirus) e del correlato rischio di contagio indubbiamente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere che espone a conseguenze particolarmente gravi i soggetti anziani ed affetti da serie patologie pregresse”.
L'Espresso lancia la notizia, ripresa da quasi tutti i media. Monta lo scandalo. Il Fatto quotidiano e le agenzie di stampa raccolgono indignate dichiarazioni. Tra i primi a intervenire è Antonino Di Matteo, oggi alla Direzione nazionale antimafia ed ex pubblico ministero del processo palermitano sulla Trattativa stato-mafia. Ed è alla Trattativa che fa subito riferimento: "Una ulteriore grave offesa alla memoria delle vittime e all'impegno quotidiano di tanti umili servitori dello stato. Lo stato sembra aver dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della Trattativa stato-mafia. Lo stato sta dando l'impressione di essersi piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte".
Eh sì, la scarcerazione di Bonura è la conferma, dicono i partigiani dell'antimafia, i duri e puri, che la concessione dei domiciliari, legata all'emergenza Coronavirus, per rendere meno affollate le carceri altro non è che un indulto mascherato. I detenuti hanno protestato e devastato alcuni istituti penitenziari e lo stato si è calato le braghe. Si manda a casa un mafioso conclamato, detenuto al carcere duro, e fedele alleato di Bernardo Provenzano: che vergogna.
Si dimentica, però, che il giudice ha giustificato la misura cautelare meno afflittiva “anche tenuto conto dell'attuale emergenza sanitaria”. Anche e non solo Coronavirus, dunque, ma si omettono dei tasselli decisivi per dare fiato alla narrazione scandalistica.
Primo tassello: Bonura è stato condannato a 18 anni e 18 mesi di carcere, e considerati i giorni di liberazione anticipata che spettano a tutti i detenuti, il suo fine pena è previsto fra 9 mesi. Ha scontato quasi tutta la pena che si è meritato perché era un mafioso vero.
Secondo tassello: il giudice “ragionevolmente esclude” il pericolo di fuga e il rischio di reiterazione del reato.
Il terzo tassello entra nel cuore della questione e lo mettono a posto gli avvocati di Bonura, Giovanni Di Benedetto e Flavio Sinatra: “Abbiamo letto e sentito sulla vicenda affermazioni improprie e strumentali. Nel contesto della lunga carcerazione Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l'età ed i rischi a cui la popolazione carceraria, vieppiù a Milano, è esposta per il Coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario. Ripetiamo: ogni vicenda va affrontata nel suo particolare altrimenti si rischia di scadere in perniciose e inopportune generalizzazioni che alterano la realtà”.