Davigo è tornato (in tv)
Causa Covid, non c'è il pubblico in studio ad applaudire le sue sparate giustizialiste. Uno shock per il magistrato più mediatico d’Italia, che non risponde alle uniche domande interessanti
Davigo è tornato. In televisione ovviamente (e dove, altrimenti?). Per due settimane consecutive, l’ex pm di Mani pulite è stato ospite in prima serata su La7, prima a DiMartedì e poi a Piazza Pulita. Ad accoglierlo, però, è stato un palcoscenico ben diverso dal solito. Causa emergenza coronavirus, infatti, nessun pubblico era presente in studio ad approvare con applausi scroscianti le sue sparate giustizialiste. Uno shock per il magistrato più mediatico d’Italia.
Così, un alone di tristezza è sceso tra i telespettatori, costretti ad assistere a un’agonia paragonabile a quella di un cantante senza pubblico. Il problema, se si volesse adottare un altro punto di vista, è che senza le continue interruzioni del pubblico, i telespettatori hanno dovuto ascoltare fino alla fine le affermazioni forcaiole dell’ex pm, oggi consigliere del Csm.
“Qui non si dimette quasi mai nessuno per la notizia di essere indagato. Anzi, abbiamo gente condannata in primo grado e in appello che continua a stare in posti pubblici”, ha detto Davigo, per poi ribadire: “L’errore italiano è stato quello di dire sempre ‘aspettiamo le sentenze’”. Insomma, sarebbe un errore rispettare il principio di presunzione di non colpevolezza stabilito dall’articolo 27 della Costituzione. Per il membro togato del Csm, poi, non è vero che c’è un problema di sovraffollamento delle carceri, anzi “il tasso di popolazione detenuta in Italia rispetto alla media europea è fra i più bassi”.
Davigo si è poi detto contrario all’idea di ridurre l’enorme carico di adempimenti amministrativi che rallenta gli appalti e paralizza l’economia: “Non è più semplice mandare un ufficiale di polizia giudiziaria sotto copertura a partecipare a una gara d’appalto e quando qualcuno la vincerà, dicendo ‘tu questa gara non la devi vincere’, lo arresta così facciamo prima?”. La soluzione, in fondo, è sempre nelle manette.
Ma non è tutto. L’ex pm si è persino spinto a difendere la sua famosa frase secondo cui “non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti”, sostenendo che andrebbe “contestualizzata” al periodo in cui è stata detta, cioè Mani pulite (sic!). Anche in questo caso, al termine della bordata forcaiola Davigo si è guardato attorno, assetato di applausi scroscianti, stavolta però mai arrivati.
Ma cosa ne pensa Davigo del famoso diverbio tra due simboli del fronte giustizialista, cioè Bonafede e Di Matteo, attorno alla vicenda delle scarcerazioni dei detenuti? Bisogna credere al ministro o al magistrato? “Cosa credo io sono fatti miei e non ne parlo in trasmissione”, ha risposto l’ex pm.
E sullo scandalo che ha nuovamente travolto la magistratura, svelando per l’ennesima volta l’esistenza di un sistema di spartizione tra le correnti delle nomine negli uffici giudiziari del Paese? “Non posso rispondere perché altrimenti mi ricusano”, ha risposto Davigo, che al Csm fa parte del collegio disciplinare. Che alla fine uno si chiede: ma allora che viene invitato a fare?