Il processo Sacchi è la cartina al tornasole del familismo amorale in Italia
Nella seconda udienza del processo Anastasiya, la fidanzata del ragazzo ucciso a Roma nella notte del 23 ottobre scorso, ha cambiato versione dell'accaduto. Le incongruenze e quel razzismo sottile nei suoi confronti
“Luca sapeva, ma non tutto. Sapeva che Anastasiya si era cacciata in un brutto guaio ed era andato lì per proteggerla”. Lo hanno detto i genitori di Luca Sacchi, il personal trainer ventiquattrenne ucciso a Roma nella notte del 23 ottobre scorso, durante uno scambio di droga. Lo hanno detto ieri, alla fine della seconda udienza del processo, che la Corte d’Assise aveva rinviato lo scorso 18 maggio per consentire a tutte le parti di visionare gli ultimi atti d’indagine della Procura di Roma, che rilevano che Sacchi e la sua fidanzata Anastasiya Kylemnyk avrebbero incontrato, giorni prima del delitto, gli assassini. Al processo Anastasiya figura sia come parte lesa (è stata aggredita da Valerio Del Grosso, il killer, e Paolo Pirino, sua spalla) che come accusata (per spaccio). La sua versione dei fatti, che è cambiata nel corso delle settimane (subito dopo l’omicidio, aveva detto che lei e Sacchi erano stati vittima di una rapina finita male), non convince i giudici.
Prima del processo, la ragazza, che sta per compiere 26 anni, ha origini ucraine e vive in Italia dal 2003, è stata raccontata dai giornali, col supporto di pubblicazione indiscriminata di messaggi tra lei e Sacchi, come un’ammaliatrice, una che ha deviato un bravo ragazzo destinato a una vita tranquilla, minacciandolo, ricattandolo, costringendolo a diventare vegano, a star lontano dalla sua famiglia, a sopportare i suoi amori e disamori. A supporto dei genitori di Sacchi, che continuano a sostenere che il figlio è stato convolto da Kylemnyk in qualcosa di più grande di lui, a maggio, quando l’udienza è stata rinviata, Il Messaggero ha scritto: “Chi può escludere che Sacchi fosse lì (ndr a incontrare i suoi assassini) per controllare Anastasiya? Una cosa è certa, lui non potrà dire come è andata, perché è stato freddato. E ai morti non è concesso diritto di replica”. A questa storia, dentro e fuori il processo che sta al suo centro, sarà importante guardare anche per diagnosticare quanto intriso è, il nostro paese, di familismo amorale, e capire se sta dentro quel razzismo che “ha anche forme dolci, perfino innocenti” di cui scriveva ieri Michele Serra.