Ma dove si è rintanato il mostro con le ali di fuoco che fino all’altro ieri se ne stava lì, pronto a scoperchiare le tombe, a strappare i veli dell’ipocrisia, a smascherare ogni trama criminale e ogni indicibile complicità? In quale caverna è finito il trojan, il famigerato cavallo di Troia che i pubblici ministeri di Perugia hanno inoculato nello smartphone di Luca Palamara, uomo forte del Consiglio superiore della magistratura, per raccogliere le prove della sua corruzione e rivelare i traccheggi che le correnti delle reverendissime toghe intramavano anche nottetempo per decidere carriere e promozioni, per spartirsi le nomine più prestigiose, per addomesticare o accelerare un’inchiesta scabrosa, per ammorbidire un processo, per condizionare una sentenza?
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