Una seduta ordinaria del Csm (foto LaPresse)

Perché nell'elezione del Csm i “pregi” del maggioritario sono da evitare

Edmondo Bruti Liberati

La credibilità della giustizia non passa per le alchimie dei sistemi elettorali, ma è nelle mani dei magistrati che sapranno ritrovare l’orgoglio del confronto 

Nel clima segnato dallo sconcerto per quanto emerso dalla indagine di Perugia il dibattito sul Csm ha finito per concentrarsi sul sistema elettorale e la fantasia si è scatenata nel proporre i più diversi “toccasana”, non pochi dei quali francamente stravaganti. I sistemi elettorali sono materia tecnicamente complicata. Anche al sistema elettorale del Csm può applicarsi il monito di Alexander Hamilton (Federalist n. 51): “Se gli uomini fossero angeli, non sarebbe necessario un governo. Se i governanti fossero angeli, non sarebbe necessario alcun controllo né interno né esterno sul governo. Ma in un quadro in cui uomini governano uomini sorge un grande problema: in primo luogo lo stato deve controllare i governati, ma in secondo luogo occorre obbligare il governo a porre in essere forme di controllo di sé stesso. La dipendenza dal popolo del governo è senza dubbio il primo tipo di controllo, ma l’esperienza ha insegnato al genere umano che sono necessarie alcune precauzioni ausiliarie”.

   

Gli uomini non sono angeli, i magistrati sono uomini e dunque non essendo angeli è bene che il sistema elettorale non li esponga ad eccessive tentazioni, come avvenne nel 1967 con il sistema maggioritario o nel 2002 con l’attuale sistema che ha prodotto i risultati ben noti, all’opposto di quello che il malaccorto legislatore si proponeva.

    

Le “precauzioni ausiliarie” devono tener conto della specificità dell’elettorato e dell’organo di cui si eleggono i componenti. I magistrati in servizio all’11 agosto 2020 sono 9.707: un piccolo paese, supera non di molto il numero di abitanti di San Gimignano. I componenti magistrati da eleggere al Csm sono oggi 16, in passato, e in futuro forse, 20.

    

Nei sistemi politici maggioritari può capitare che la maggioranza dei voti espressi a livello nazionale dagli elettori non si traduca in maggioranza dei seggi, ma l’evento non è frequente e la distanza tra i due dati non è rilevante. Nel piccolo paese, suddiviso in piccoli collegi le distorsioni possono essere rilevantissime. La legittimazione di un organo in cui la totalità o quasi dei componenti sia espressa da una minoranza degli elettori è soggetta a forti tensioni, come accadde per il Csm del 1972, al punto da indurre il Parlamento a mutare radicalmente, a larghissima maggioranza, il sistema che aveva consentito quel risultato.

    

A seconda del numero, 16 o 20 dei componenti da eleggere in collegi uninominali, ciascun collegio è formato tra 500 e 600 elettori, un quartiere di un piccolo paese, ma le realtà sono molto diverse. A Milano città 537 magistrati lavorano nello stesso palazzo di Giustizia. Nella intera regione Umbria i magistrati sono 135. A Milano il mitico “magistrato della porta accanto” lavora ogni giorno nei diversi piani al civico 20123 Via Freguglia 1. In altri collegi il vicino della porta a fianco si trova a decine, talora a più di un centinaio di chilometri di distanza.

    

Il maggioritario uninominale “1 collegio = 1 eletto” non assicura, nella maggioranza delle situazioni, la vicinanza eletto/elettore. Questa è peraltro un valore ove l’eletto legittimamente sia portatore delle istanze del territorio, ciò che avviene per le amministrazioni locali e anche per il Parlamento, sia pure con il temperamento previsto dall’art. 67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

    

Non lo è per il Csm, che deve svolgere il suo compito avendo di mira l’organizzazione della giustizia a livello nazionale, rifuggendo anzi dalle pressioni ed istanze localistiche. Ad assicurare il canale informativo e di proposta delle realtà territoriali sono previsti ed operano i Consigli Giudiziari presso ciascuna Corte di Appello.

    

Il “vicino della porta accanto” potrebbe essere piuttosto il collega che opera nella stesso settore di specializzazione, in altri uffici e in altri distretti, ma con il quale si è venuti in contatto nei seminari, nei convegni e nello scambio quotidiano di opinioni, che a maggior ragione oggi internet rende possibile superando ogni distanza fisica. Il “vicino della porta accanto” potrebbe essere piuttosto, horresco referens, il collega del quale condivido le opinioni sul sistema di giustizia e sulle riforme necessarie, al quale magari mi accomuna l’adesione ad una gruppo che opera nell’associazionismo giudiziario. Quelle che chiamiamo “correnti”, ma si può usare una denominazione diversa, sono libere, trasparenti associazioni di magistrati, che si formano sulla base di una concezione del sistema di giustizia e delle riforme da proporre.

   

Con il collegio unico nazionale posso scegliermi il “vicino della porta accanto”. Il sistema proporzionale per liste concorrenti rispetta la mia volontà di elettore di contribuire alla elezione dei “colleghi della porta accanto” con i quali condivido le idee sulla giustizia, anche se la “porta accanto” è fisicamente molto distante. Il candidato che abbia molti “colleghi della porta accanto” declinata in questo modo, ha chances di essere eletto anche se opera in una realtà territoriale in cui il suo gruppo di riferimento raccolga un consenso limitato. Ciò che avvenne nelle elezioni del 1981.

    

Per altro verso anche un piccolo raggruppamento di nuova costituzione può ottenere almeno un seggio come accadde nelle elezioni del 1986. E’ vero che le dirigenze dei gruppi formano la lista secondo le regole interne, ma nessun apparato potrebbe praticare scelte di esclusione in una lista ampia di 16 o 20 candidati e l’elettore, che possa esprimere un numero limitato di preferenze, ha un’ampia possibilità di scelta.

   

La rigidità del meccanismo delle liste concorrenti, può essere poi attenuata in diversi modi. Si potrebbe sperimentare il sistema del Voto Singolo Trasferibile: altrimenti il cosiddetto panachage consente di esprimere una preferenza ulteriore per candidato di altra lista.

    

Oggi di fronte alla frammentazione del sistema politico anche i sistemi maggioritari stentano a perseguire quelli che sono ritenuti i loro “pregi”: una maggioranza stabile che assicuri la governabilità, conoscere chi governerà appena finito lo spoglio. Per di più se i “pregi” fondamentali del maggioritario sono proprio quelli che per il Csm si devono comunque evitare, occorrerebbe essere molto cauti nel “giocare” con varie combinazioni incentrate sul maggioritario. I “pregi” che si attribuiscono ai sistemi maggioritari nelle elezioni politiche o amministrative sono esattamente ciò che per il Csm si deve cercare di evitare.

   

I componenti del Csm eletti dalle “correnti” possono pervertire il confronto delle posizioni ideali per indulgere, come purtroppo è accaduto, a logiche clientelari e a pratiche di scambio. I notabili eletti dai colleghi della porta accanto, anche se continuano a far riferimento ad un gruppo associativo, tendono a rispondere al loro elettorato e per assicurare gli interessi del proprio collegio devono entrare in pratiche di scambio con gli eletti di altri collegi. A sistemi che hanno insiti i rischi del notabilato, delle visioni localistiche e delle pratiche di scambio, si contrappongono sistemi che operando per la rappresentanza del pluralismo di posizioni culturali e professionali, hanno in sé gli antidoti per quelle derive. Si tratta allora di operare per valorizzare quegli antidoti.

   

Oggi il corpo elettorale della magistratura è composto per il 54 per cento da donne e per il 46 per cento da uomini. Negli ultimi anni la discriminazione di genere si è fortemente attenuata, anche se ai due incarichi di vertici della magistratura, presidente e procuratore generale della Cassazione finora non sono mai arrivate donne. E’ però un fatto la perdurante sotto-rappresentazione delle donne tra i componenti del Csm: si giustifica quindi tentare, attraverso una “azione positiva” nel sistema elettorale, di indurre un riequilibrio. Ma ancora una volta operando su piccoli numeri i meccanismi correttivi possono produrre distorsioni così rilevanti della volontà degli elettori da porre problemi di rappresentatività e anche di compatibilità costituzionale. Questi rischi sono evidenti nei sistemi maggioritari, mentre la finalità del riequilibrio può essere invece perseguita agevolmente, e senza distorsioni eccessive, in un sistema proporzionale in collegio unico nazionale ed è facilitata dall’aumento degli eletti da 16 a 20.

    

Il pluralismo culturale e professionale caratterizza la magistratura, come qualunque altro gruppo professionale. Nonostante le degenerazioni questo pluralismo è insieme un valore positivo e una realtà che nessuna alchimia elettorale può eliminare. Ovunque vi è una elezione libera si confrontano diverse opinioni e si formano aggregazioni, nuove o preesistenti. Avviene anche nel Conclave per eleggere il Papa; lì il risultato finale è guidato dall’alto dal Padreterno. Per il Csm deve valere solo il libero confronto delle diverse opzioni evitando l’errore di proporre sistemi che lasciano mano libera alle manovre di piccoli “padreterni” nella raccolta del consenso.

   

Si è parlato sin qui di “tecnicismi” sui sistemi elettorali. Il recupero di credibilità della giustizia, il “voltare pagina” richiesto dal presidente Mattarella già il 21 giugno 2019 non passa per le alchimie dei sistemi elettorali, ma è nelle mani dei magistrati se saranno capaci di rifuggire da pratiche deteriori e ritrovare l’orgoglio del confronto tra posizioni ideali nell’associazionismo giudiziario, rivitalizzandone una storia non priva di momenti elevati, e nel Csm, valorizzando tutte le potenzialità del modello voluto dalla Costituzione.

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