Dopo tre anni di rinvii, è entrata in vigore la nuova disciplina. Peccato che, grazie alle modifiche volute da Bonafede, il senso della riforma sia stato ribaltato in chiave forcaiola
Dopo quasi tre anni di continui rinvii, lunedì è entrata in vigore la nuova disciplina delle intercettazioni, varata nel dicembre 2017 con la riforma Orlando e poi sospesa e modificata dall’attuale Guardasigilli Alfonso Bonafede. L’avvicendamento al governo e la consegna del ministero della Giustizia a uno dei partiti più giustizialisti del panorama politico italiano (il M5s) hanno determinato un ribaltamento sostanziale delle finalità della riforma. Se nel 2017 la riforma era nata con l’obiettivo di tutelare la privacy e la dignità delle persone coinvolte in procedimenti giudiziari, limitando la pubblicazione sui giornali di intercettazioni penalmente irrilevanti, a distanza di quasi tre anni la nuova disciplina mira soprattutto a consentire un utilizzo massiccio delle intercettazioni, e in particolare dei trojan, cioè dei captatori informatici inoculati nei dispositivi elettronici per effettuare intercettazioni ambientali.
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