Che l’espulsione di Luca Palamara dall’ordine giudiziario fosse per la magistratura solo un modo per nascondere sotto al tappeto i problemi relativi alle degenerazioni delle correnti era chiaro fin dall’inizio. A dimostrarlo sono le modalità con cui i vari gruppi associativi al Csm hanno continuato, anche in seguito allo scandalo, a dominare le procedure di nomina dei dirigenti dei vari uffici giudiziari. A confermarlo ora è anche il modo con cui il Csm sta affrontando il “caso Davigo”. Come è ormai noto, pur compiendo 70 anni il prossimo 20 ottobre, e pur essendo quindi costretto ad andare in pensione, l’ex pm di Mani pulite non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico di membro togato del Csm. Se la richiesta di Davigo venisse accolta, si tratterebbe del primo caso di componente togato dell’organo di autogoverno della magistratura a non possedere più lo status di magistrato.
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