“Un giudice lo scarcera ma per la stampa è una vittoria della procura. Giovanni Castellucci non vuole commentare il provvedimento del Tribunale del riesame di Genova che lo ha rimesso in libertà revocando gli arresti domiciliari disposti lo scorso 11 novembre nell’ambito dell’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti difettose in cui sono indagati, per omissioni e frode in pubbliche forniture, anche altri ex dirigenti di Aspi. Tra le mura di casa, dove si è rifugiato insieme alla moglie e ai due figli, prevale l’amarezza per il circo mediatico che lo ha incasellato nel ruolo del colpevole per forza, prima ancora che un processo abbia inizio. L’ex gran capo di Atlantia ha letto e riletto le trenta pagine dell’ordinanza del Riesame, farcite di giudizi etici e di commenti poco lusinghieri, che lo hanno “spiazzato” perché rivelatrici forse di un pregiudizio che non rasserena gli animi. “Non chiedo trattamenti speciali, attendo solo il processo”, riflette con i suoi prendendosi una pausa dalle letture di Asimov che gli tengono compagnia in quest’ultimo scampolo autunnale. Ha destato pure sorpresa il riferimento, contenuto nel provvedimento del Riesame, ad altre quattro inchieste che penderebbero su di lui a Genova (per il crollo del ponte Morandi, per i falsi report sui viadotti e per le gallerie malandate). All’indomani della ritrovata libertà, gli articoli di stampa evidenziano l’insistenza, da parte dei giudici del Riesame, sull’entità dei gravi indizi di colpevolezza alla base dell’ordinanza di custodia cautelare, e i giudizi non sono leggeri: a Castellucci viene attribuita la “persistente, totale mancanza di scrupoli per la vita e l’integrità degli utenti delle autostrade”; il manager viene tacciato come un “incredibile arrogante” al punto di rinfacciargli i compensi regolarmente percepiti, negli anni, a titolo di remunerazione per gli incarichi riscoperti in Atlantia e in Aspi. E’ così che, nelle pieghe del dispositivo vergato dai magistrati, la valutazione obiettiva di condotte asseritamente criminose degrada in giudizio morale, gli eventuali peccati si tramutano in reati e talune spigolosità caratteriali assumono valore probatorio. Eppure, a leggere tra le righe, cade definitivamente l’ipotesi di inquinamento probatorio mentre il rischio di reiterazione del reato viene ridimensionata al punto che Castellucci torna libero, con la sola interdizione dal lavoro per dodici mesi. Né si racconta che, tre giorni prima dell'udienza dinanzi al tribunale di Genova, la procura ha depositato ulteriori cinquemila seicento pagine di atti investigativi, che ingrossano un fascicolo già voluminoso, costringendo la difesa alla titanica impresa di estrarre copia, esaminare e controdedurre su un materiale tanto vasto nel giro di pochi giorni. “Per noi è una bella giornata – commenta il difensore Carlo Longari – Spiace l’accanimento della stampa ma la nostra priorità è avere quanto prima un processo che ci consenta di dimostrare la totale estraneità ai fatti”. A sentire l’avvocato, “i contenuti relativi alla pretesa responsabilità a carico dell'indagato, riferiti nell'ordinanza del tribunale, rappresentano una valutazione puramente indiziaria e non costituiscono un giudizio di merito che spetta esclusivamente al giudice dibattimentale”. Le valutazioni indiziarie espresse dal tribunale del Riesame sarebbero il “frutto delle sole produzioni e articolazioni accusatorie” ma la difesa precisa di aver chiesto esclusivamente di “valutare la compatibilità dell’arresto con la posizione dell’indagato e non anche di riesaminare il merito della vicenda”. Sul punto la giustizia ha deciso: Castellucci è libero.
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