Trattori, targhe e boss che non lo erano. Il nuovo capitolo del romanzo criminale sulla trattativa stato-mafia. Tra aule e tv. Protagonista: Pietro Riggio, “il nuovo Buscetta”
L’ultima patacca ha i numeri di una targa. Se li ricorda bene il pentito nisseno Pietro Riggio che li annotò il giorno in cui vide arrivare a bordo di una Bmw l’ex poliziotto Giovanni Peluso a cui il collaboratore di giustizia attribuisce l’inaspettato ruolo di attentatore nella strage di Capaci. Ed invece la targa appartiene a un trattore. Altro che macchina, fine della storia. Che figuraccia, l’ennesima, per il collaboratore di giustizia al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. Il racconto di Riggio naufraga. Si inceppa uno degli ultimi attrezzi di scena con cui si tenta di rimescolare le carte in un processo segnato irrimediabilmente, nel presente e nel futuro, dall’assoluzione definitiva di Calogero Mannino. L’ex ministro democristiano non è stato colui che diede avvio al patto fra mafiosi e rappresentanti delle istituzioni. Il motore della trattativa non si è acceso. Mai.
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